Nuvolette di pensieri

Mormora l'acqua del ruscello

Un “tagliando” per le pari opportunità

su 14 settembre 2015

gender-wage-gap

 

Il Parlamento Europeo ha da poco pubblicato questo documento: http://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document.html?reference=EPRS_STU(2015)547546

che compie una sorta di “tagliando” alla Direttiva 2006/54/CE del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego. In pratica a distanza di tempo sei ricercatrici indipendenti tracciano un bilancio dei risultati di questa direttiva, cercando di suggerire anche possibili quadri di intervento per il futuro. Il principio di parità di remunerazione era contenuto già nel trattato del 1957 che fondava la CEE.

La percezione della discriminazione sulla base del genere ci vede ai livelli più alti. Abbiamo visto dall’ultimo indice EIGE che questa percezione è fondata (QUI).
Visto che come al solito questi interessanti lavori se li leggono solo gli addetti ai lavori, ho pensato di passare qualche ora della mia vita a studiare questo documento, cercando di fornirvene un quadro con i punti essenziali.

Ho realizzato anche una infografica che mette in evidenza i contributi più interessanti dello studio.

https://magic.piktochart.com/output/7842670-gender-equality-in-employment-and-occupation-d-200654ec

gender-equality-in-employment-and-occupation-d-200654ec_1442160846081_block_0
Lo so è un post lungo, siamo disabituati a leggere tanto, ma è su questa pigrizia che molti contano per fregarci. Facciamo tesoro di queste valutazioni e non lasciamole nel cassetto.

Ma scendiamo nel dettaglio del documento.

Sul principio della parità di retribuzione

Il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro e lavoro di pari valore ha uno scopo economico e sociale, laddove l’obiettivo economico secondario rispetto a quello sociale.
– La nozione di retribuzione di cui all’articolo 157 TFUE è ampia e comprende piani occupazionali, sociali e di sicurezza.
– La discriminazione salariale tra uomini e donne è vietata, qualunque sia il sistema che dà luogo a disparità di retribuzione (ad esempio, una classificazione professionale o di un sistema pensionistico).
– La trasparenza richiede che il principio di parità di retribuzione venga osservato nel rispetto di ciascuno degli elementi di remunerazione.
– La raccomandazione della Commissione sul rafforzamento del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne attraverso la trasparenza fornisce un approccio utile per promuovere la trasparenza dei salari e questo merita un’ampia diffusione e attenzione.
Il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne non si applica se il differenze di retribuzione non possono essere ricondotte a un unico datore di lavoro. Questa limitazione è problematica in caso di esternalizzazione. (E non è dettaglio da poco, ndr)

Fattori che causano la disparità di retribuzione
Sia il Gender Pay Gap (GPG) e che il divario di genere in materia di pensioni (GGP) sono diminuiti nel periodo 2006-2012 nei paesi in cui è stata applicata la direttiva.

The Gender Pay Gap and Gender Pension Gap for EU27 for 2006-2012
– L’impatto dell’introduzione della direttiva deve essere valutato tenendo conto degli elementi strutturali dei mercati del lavoro nazionali che influenzano l’evoluzione delle disparità di retribuzione nel tempo (scelta del percorso formativo, la segregazione orizzontale e verticale, la paternità e le responsabilità di assistenza agli anziani, le carriere interrotte, ecc).
l’aumento della percentuale di lavoratrici con un più elevato livello di istruzione porta a un ridimensionamento del divario retributivo di genere (la differenza tra il salario orario medio lordo degli uomini e quello delle donne).
– La struttura occupazionale settoriale ha un effetto importante sulle differenze pensionistiche, infatti se aumentano le quote di uomini in settori tipicamente femminili come l’istruzione, la sanità e la P.A. si nota un decremento dei differenziali pensionistici uomo-donna. Un numero maggiore di donne nei servizi porta invece a un incremento delle disparità nelle pensioni.
– I fattori istituzionali sono importanti. Le principali differenze salariali sono rilevate in quei Paesi caratterizzati da una segregazione più elevata in termini di attività di cura, che si riflette anche in termini di differenze pensionistiche. L’incremento del pay gap emerge nei Paesi che vedono poche donne al comando delle aziende quotate o nelle banche. Sì, lo so, la legge Golfo-Mosca ha incrementato i numeri, ma si deve ancora migliorare, il rischio di tornare indietro è sempre attuale.
– Sistemi retributivi poco trasparenti.

Promozione dell’uguaglianza di trattamento e di dialogo sociale
– Gli organismi di parità hanno un ruolo importante a livello nazionale nel far rispettare le disposizioni della direttiva. Tuttavia le restrizioni di bilancio e la mancanza di indipendenza di tali organismi potrebbe ostacolare la realizzazione ottimale dei loro compiti. (Quello che sta accadendo da noi in Italia e di cui mi lamentavo qui, ndr)
– Il monitoraggio delle politiche e delle prassi a livello nazionale può essere migliorata attraverso lo sviluppo di strumenti di monitoraggio sull’applicazione del principio della parità di retribuzione e della parità di trattamento sul posto di lavoro, sulla formazione professionale, ecc e diffondendo questi strumenti nel modo più ampio possibile.
– La tutela contro le ritorsioni viene ampliata con una pertinente codificazione giuridica.

L’applicazione della Direttiva per quanto concerne il congedo per maternità

Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle quanto può influire la maternità sulla vita lavorativa di una donna, pregiudicandone spesso il mantenimento del posto. Sicuramente in Europa esiste un quadro molto differente tra gli stati, in materia di protezione della donna in questa fase. Differenze che in alcuni casi riguardano non solo la legislazione in materia, ma il settore lavorativo e la dimensione aziendale. Inoltre, si parla della frequente pratica che vede non rinnovare i contratti a tempo determinato. Si registra come la pratica dei ricorsi contro i licenziamenti illegittimi sia poco diffusa (per mancanza di prove da portare a supporto, non si desidera passare per una “piantagrane”, oppure perché di solito si tende a indurre la dipendente a rassegnare volontariamente le dimissioni).
Si consigliano due condizioni per salvaguardare la protezione di questi casi di maggiore vulnerabilità:
– un sistema giudiziario efficiente;

– una consapevolezza sociale diffusa (intesa come conoscenza dei propri diritti, ma anche delle sentenze giudiziarie in materia).
C’è anche una parte che analizza gli impatti positivi del coinvolgimento degli uomini nelle attività domestiche, sottolineando la maggiore propensione a fare figli man mano che cresce la condivisione dei compiti di cura.

Le raccomandazioni
Occorre verificare che la Direttiva rispetti i trattati internazionali che sono stati ratificati dai membri europei (trattati delle Nazioni Unite, le convenzioni ILO). È preferibile rendere più omogenei e coerenti tra loro gli strumenti legislativi europei. Manca per esempio un riferimento all’articolo 8 TFEU per l’eliminazione delle disuguaglianze e per promuovere l’uguaglianza uomo-donna in ogni attività (vedi anche l’articolo 10 TFEU).
Si fa riferimento a discriminazioni di tipo multiplo, come nel caso di persone transgender.
Si auspica l’integrazione delle raccomandazioni della Commissione:
– del 7 marzo 2014 sul rafforzamento del principio di pari retribuzione uomo-donna attraverso la regola della trasparenza (2014/124/EU).
Si chiede di risolvere il problema del gap salariale in caso di lavoro in outsourcing.
Inoltre si dovrebbero rafforzare le misure per consentire la conoscenza delle procedure di selezione per chi sostiene un colloquio di lavoro (sappiamo che anche in questi frangenti pesa la differenza di genere, ndr).
– Monitorare e prevenire le discriminazioni, e in caso di molestie e di violenze sessuali. È necessario implementare misure preventive per informare in merito a pregiudizi o stereotipi negativi e su come contrastarli. In tal senso sono importanti i progetti nazionali che vanno in questa direzione (in linea con l’articolo 5 CEDAW).

Article 5 – Stereotyping and cultural prejudices
States shall take appropriate measures to eliminate stereotyping, prejudices and discriminatory cultural practices. States shall also ensure that family education includes a proper understanding of maternity as a social function and the recognition of the roles of men and women in the upbringing of their children.

La necessità di agire sulla disparità di paga è importante per le donne come individui per ragioni di equità, per il benessere economico dei loro figli e delle famiglie, ma anche per la società in generale, in quanto un miglioramento della posizione delle donne nel mercato del lavoro – compresa la parità di retribuzione – è cruciale per la crescita economica.

Combattere la disparità retributiva è necessariamente un obiettivo a lungo termine che richiede:

  • la combinazione di una varietà di strategie e politiche;
  • il coinvolgimento di diversi attori e delle parti interessate a diversi livelli. Un ruolo chiave per l’Unione europea è quello di mettere insieme questa varietà di iniziative e i molteplici attori coinvolti nella promozione della parità del mercato del lavoro.

Il lavoro per la rimozione di disparità di retribuzione deve essere portato avanti simultaneamente e in stretta collaborazione a livello europeo, nazionale, settoriale e organizzativo.
Si parla anche di un ruolo decisivo del Parlamento europeo per dare maggiore impulso alle politiche nazionali in termini di divario pensionistico. Una parziale copertura dei lavoratori autonomi è assicurata dalla direttiva 2010/41/EU sul lavoro autonomo e la direttiva 2004/113/EC su beni e servizi, ma andrebbe migliorata.
Gli organismi di parità come già detto, svolgono un ruolo cruciale nell’applicazione della direttiva. Essi dovrebbero essere indipendenti e dovrebbero ricevere un budget che permetta loro di adempiere ai compiti richiesti.
Il monitoraggio da parte della Commissione europea in questo settore è uno strumento per garantire tale indipendenza, ma gli stati hanno anche una responsabilità specifica in questo senso. Questo è
particolarmente vero in relazione alla parità di genere. Nel breve termine, si può cercare di migliorare l’efficacia della direttiva attraverso una cooperazione tra tutti gli attori coinvolti.

Per migliorare l’accesso femminile al mondo del lavoro, possono essere creati dei processi di selezione gender neutral, nelle descrizioni delle mansioni lavorative, nella valutazione/classificazione per le fasi del processo di ricerca e selezione del personale.
– Formulazione di annunci di lavoro gender-neutral.
– Creazione di valutazioni gender-neutral per i partecipanti.

Ecco, per il futuro dovremmo cancellare dalla faccia della terra quei questionari che ti fanno la radiografia del tuo stato di famiglia, chiedendoti anche se intendi pianificare di avere prole e marito. Vorrei che ai colloqui il tuo essere madre, in coppia o single non facesse alcuna differenza, vorrei non sentire più “abbiamo optato per un uomo, sa com’è..” Oppure quando una donna, capo del personale, ti consiglia di non far emergere il fatto che sei sposata e hai figli, perché al colloquio tecnico potrebbe nuocermi. Ma scusa, mi assumi per le mie capacità oppure in base alla mia vita privata?
Per ridurre il divario retributivo di genere, si dovrebbe incrementare la trasparenza sui salari di partenza e la rilevanza del genere nella retribuzione dovrebbe essere ridotta. I principi di neutralità di genere per la valutazione del lavoro dovrebbero essere adoperati anche sui premi produzione.
La nozione di “parità di retribuzione per lavoro di pari valore” deve includere il concetto di “parità di retribuzione a parità di performance”.
Si suggerisce anche di avviare indagini e interviste a coloro che sostengono colloqui di lavoro su questo tipo di elementi. Inoltre dovrebbe essere cura degli stati membri avviare analisi periodiche sui fattori sopra descritti che causano disparità di trattamento.

Sulla protezione della maternità
La Commissione europea dovrebbe assicurare che ciascuno stato segua quanto prescritto dall’UE. Dovrebbe seguire da vicino i casi di discriminazione in materia di occupazione e, riguardo al loro numero, alle tipologie, e nei casi di ricorso legale. Mentre il quadro giuridico attuale negli Stati membri per lo più è in linea con le disposizioni delle direttive, le sanzioni in caso di violazioni e di disparità di trattamento differiscono significativamente. Quindi occorre intraprendere azioni per quanto riguarda il miglioramento della conoscenza dei casi di molestie/discriminazione tra i cittadini europei, in particolare in relazione alla gravidanza, al congedo di maternità, al congedo parentale, di paternità e di congedo in caso di adozione.
I sondaggi dimostrano che c’è ancora un grande lavoro informativo da compiere.

The percentage of respondents who would not know their rights in case of discrimination or harassment 2012
I sondaggi dell’Eurobarometro potrebbero essere utili per questo tipo di monitoraggi. Sempre utile è incrementare la conoscenza delle donne sui propri diritti legati alla maternità, e più in generale ai congedi parentali.
Il Parlamento europeo dovrebbe prendere in considerazione ulteriori misure per quanto riguarda il monitoraggio e la valutazione dell’impatto della direttiva sulla lotta contro la discriminazione delle lavoratrici gestanti, e dei congedi di maternità e paternità. Dovrebbe continuare a varare iniziative volte a sottolineare le lacune dei sistemi giuridici degli Stati membri, soprattutto in merito a specifiche categorie quali i lavoratori “atipici” e autonomi. Si auspica un intervento più attivo delle parti sociali in caso di comportamenti discriminatori, soprattutto in caso di ricorsi legali.
Si parla anche del compito dell’EIGE (European Institute for Gender Equality) che dovrebbe prestare maggiore attenzione all’analisi delle ragioni delle discriminazioni basate sulle differenze di genere in tema di genitorialità e di cure parentali. Dovrebbe prendere in considerazione l’impatto socio-giuridico delle singoli sanzioni sulla realtà pratica delle discriminazioni di genere in un contesto più ampio. Si suggerisce l’implementazione di un database di buone pratiche nel campo della lotta contro le discriminazioni di genere sul posto di lavoro.

Per concludere
I progressi nella riduzione del divario retributivo di genere sono ancora estremamente lenti. Il divario di genere sulle pensioni tende addirittura ad aumentare (soprattutto nel caso di carriere lavorative non continuative o che si interrompono in una età in cui è più complicato reinserirsi nel mercato del lavoro). Questo mette a rischio la giustizia sociale e di fatto rende alcune parti della società vulnerabili alla povertà.
Pertanto, le misure per garantire la parità di genere in materia di occupazione e impiego, e in particolare per ridurre il divario retributivo di genere e il divario di genere nelle pensioni, dovrebbero essere perseguite con determinazione.
Questo vale a maggior ragione dopo la valutazione d’impatto della Commissione del marzo 2014 sui costi e sui benefici delle misure per migliorare la trasparenza delle retribuzioni, che ha mostrato che alcune misure vincolanti in forma di direttive sono molto più efficaci di una semplice misura “volontaria” per la riduzione del GPG. L’altra buona notizia della valutazione d’impatto è stata che tali misure hanno anche un forte effetto positivo sull’economia nel suo complesso.
Pertanto, la raccomandazione della Commissione del marzo 2014 è stata solo un passo nella giusta direzione, ma non è riuscita a lanciare la procedura legislativa per misure più incisive.
misure. La Commissione può ancora farlo e dovrebbe farlo (http://ec.europa.eu/priorities/docs/pg_en.pdf), questo non sarebbe solo a favore della parità di genere sul posto di lavoro, ma porterebbe benefici per l’intera economia europea. Ciò sarebbe in linea con l’articolo 157 del TFUE, con le numerose risoluzioni del Parlamento europeo e con l’attuale relazione della commissione FEMM sull’applicazione della direttiva 2006/54 / CE.

Ci sono degli ottimi spunti di lavoro, soprattutto volti alla cooperazione tra le parti a più livelli, senza scartare nessun corpo intermedio, perché ogni tassello è importante per riuscire a ricucire le distanze uomo-donna nel lavoro e non solo. Bisogna monitorare costantemente il panorama nazionale, lavorare a livello culturale per rimuovere stereotipi e abitudini nocive. Io continuo a non mollare e a chiedere che il nostro Paese reintroduca una politica seria in materia di pari opportunità e trattamento.

Ho letto questo articolo, in cui si parlava di asili aziendali e ci si chiedeva:

E’ questa quindi la strada per aiutare la genitorialità in Italia? Investimenti da parte delle aziende nella creazione di strutture che facilitino la conciliazione per i propri dipendenti. E per tutti gli altri?

La mia risposta… quando lo stato si ritira dal welfare e dai servizi, le disuguaglianze possono solo crescere.. Il “fai da te” che oggi dilaga e viene richiesto alle famiglie crea solo i presupposti di un allargamento del gender gap e di una più ampia disuguaglianza tra le persone. Non possiamo affidare il benessere e la felicità al caso, alla fortuna, al censo, alla lungimiranza imprenditoriale, in sintesi a fattori esterni. Le politiche di condivisione e conciliazione non possono essere pratiche a singhiozzo, frutto del caso, ma devono essere parte di un programma organico in cui tutti gli attori devono fare la propria parte, stato in primis.

In questo quadro proiettato al futuro, mi piacerebbe che ci si interrogasse maggiormente sulle politiche per aiutare le donne a reinserirsi nel mercato del lavoro dopo una pausa forzata o volontaria, perché come sappiamo dopo una certa età (forse prima degli uomini) diventiamo poco appetibili e facciamo fatica a trovare un impiego. Occorre varare politiche che sostengono non solo i giovani, ma anche chi ha superato i 40/50 anni, perché l’assenza di misure e di incentivi per queste forme di ri-occupazione comportano gravi conseguenze per la vita delle donne e non solo. Ida, la mia amica “vicina di blog” 😉 , me ne parlava qualche giorno fa in un commento. Sì, Ida, si pensa sempre che in qualche modo ce la caveremo, perché a qualsiasi età, se precarie o disoccupate, ci consigliano sempre la stessa cosa, di affidarci a un uomo che possa provvedere per noi. E così, con una pacca sulle spalle ci invitano a barcamenarci, fino alla pensione, se mai arriverà, tanto sarà sicuramente peggio. Una politica miope che di fatto ci ignora, al massimo ci concede qualche zuccherino come si fa con gli animali che devono tirare i carretti o l’aratro. La condizione della donna resta sempre quella, dobbiamo mettere al mondo figli, far girare l’economia, sacrificarci e poi magari avere un bel calcio nel sedere quando meno ce lo aspettiamo. Preferibilmente, dobbiamo scegliere di restare in silenzio, per non disturbare il naturale ordine delle cose. Ma come avrete capito, non è mia abitudine.


2 responses to “Un “tagliando” per le pari opportunità

  1. simonasforza ha detto:

    Grazie Dols magazine per aver ospitato ancora una volta un mio pezzo 🙂
    http://www.dols.it/2015/09/14/un-tagliando-per-le-pari-opportunita/

    "Mi piace"

  2. […] Questo il nuovo capitolo dell’UE in materia di pari  opportunità e parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego. Ne avevo già ampiamente parlato qui. […]

    "Mi piace"

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