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Una su cinque

Secondo dati Eurostat, in Italia, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni al IV trimestre 2022 è stato pari al 55 per cento, mentre la media UE è stata pari al 69,3 per cento. Da tali dati emerge la scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro in Italia, il cui tasso di occupazione risulta essere quello più basso tra gli Stati UE, di circa 14 punti percentuali al di sotto della media UE a fine 2022. Nel nostro Paese si registra, inoltre, un divario anche nel rapporto tra la popolazione maschile e quella femminile nel mondo del lavoro: le donne occupate, infatti, sono circa 9,5 milioni, laddove i maschi occupati sono circa 13 milioni. A ciò si aggiunga che una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro a seguito della maternità.” Leggiamo questo in un dossier “L’occupazione femminile” della Camera qui.

Una su cinque ha difficoltà a conciliare esigenze di vita con l’attività lavorativa.

La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà, il 52%, da esigenze di conciliazione e per il 19% da considerazioni economiche. In generale, il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5%, divario che aumenta in presenza di figli ed arriva al 34% in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni. Anche secondo il Rapporto ISTAT SDGs 2023, infatti, la distribuzione del carico di lavoro per le cure familiari tra uomini e donne non migliora, ma l’istruzione si conferma fattore protettivo per l’occupazione delle donne con figli piccoli. Nel 2022, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari a 55,5% (+1,6 p. p. rispetto al 2021), mentre quello delle donne della stessa età senza figli è del 76,6% (+2,7 p.p. rispetto al 2021). La differenza occupazionale tra lo status di madre e non madre è molto bassa in presenza di un livello di istruzione più elevato, con un valore dell’indicatore pari a 91,5%. L’occupazione femminile è caratterizzata anche da un accentuato divario retributivo di genere, nonché dal tipo di lavoro svolto dalle donne. Per quanto concerne la differenza di retribuzione, secondo gli ultimi dati Eurostat, il gap retributivo medio (ossia la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne) è pari al 5 per cento (al di sotto della media europea che 1. Cfr. “Rapporto plus 2022” INAPP.4 Le donne e il lavoro in Italia è del 13 per cento), mentre quello complessivo (ossia la differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini) è pari al 43% per cento (al di sopra della media europea, che è invece pari al 36,2%). Secondo i dati dell’Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato dell’INPS, nel 2022 la retribuzione media annua è costantemente più alta per il genere maschile, con una differenza di 7.922 euro (26.227 euro per gli uomini contro 18.305 euro per le donne). Con riferimento a tale settore privato, si segnala che la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026 ha tra gli obiettivi quello di ridurre il gender pay gap nel settore privato dal 17 al 10 %. Dal punto di vista delle caratteristiche del lavoro svolto, la bassa partecipazione al lavoro delle donne è determinata da diversi fattori, come l’occupazione ridotta, in larga parte precaria, in settori a bassa remuneratività o poco strategici e una netta prevalenza del part time, che riguarda poco meno del 49 per cento delle donne occupate (contro il 26,2 per cento degli uomini).

La scarsa partecipazione della popolazione femminile al mondo del lavoro è ascrivibile anche alla bassa quota di lauree STEM tra le donne laureate. Infatti, secondo il rapporto ISTAT sui livelli di istruzione e i ritorni occupazionali riferito al 2022 (pubblicato a ottobre 2023) – è la metà di quella che si riscontra tra gli uomini laureati.

Tra le misure volte ad accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro vi sono quelle relative a favorire la conciliazione dei tempi di vita con quelli di lavoro, quali l’assistenza all’infanzia e domiciliare. Per quanto riguarda le domande per il nido la situazione migliora per il calo delle nascite, ma ancora resta forte il gap tra domanda e offerta di posti, specialmente al Sud.

Per quanto concerne l’assistenza domiciliare, negli ultimi anni si registra un andamento crescente del numero di persone accolte in strutture residenziali.

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è costruita intorno a cinque aree tematiche interconnesse (persone, pianeta, prosperità, pace e partnership), declinate in una strategia che prevede diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile (Goal), articolati in 169 target. Ognuno di tali obiettivi è accompagnato da indicatori, affinché se ne possa misurare il conseguimento, a livello globale e nazionale. Tra questi, l’obiettivo n. 5 è volto al raggiungimento della uguaglianza di genere e della emancipazione di tutte le donne. Nell’ultimo rapporto del 2023, l’ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) evidenzia che i progressi registrati negli ultimi sette anni verso il conseguimento del Goal 5 sono stati limitati, anche a causa della pandemia. L’Italia, infatti, si colloca al 79esimo posto nella graduatoria di 146 Paesi (“The global gender gap report 2023”), registrando un arretramento di 16 posizioni rispetto al 2022. Anche l’indicatore sull’uguaglianza di genere dell’European Institute for Gender Equality (EIGE), costruito in base a diversi parametri (l’occupazione, la gestione del tempo, le risorse economiche, la conoscenza, la salute, il potere), vede l’Italia al 14° posto rispetto ai 27 Paesi membri dell’UE (“Gender equality index 2022” – EIGE).

Il Rapporto ISTAT SDGs 2023 rileva che l’attuazione dell’Obiettivo 5 da parte dell’Italia registra alcuni profili critici. Nel 2022 il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari a 55,5%, mentre quello delle donne della stessa età senza figli è del 76,6%.

Con l’elaborazione della Strategia per la parità di genere 2020-2025, l’UE definisce gli obiettivi politici e le azioni chiave per il periodo 2020-2025 volti alla promozione della parità di genere in diversi ambiti. Per quanto concerne il mondo del lavoro, tra gli obiettivi principali vi sono quello di colmare il divario di genere, raggiungere la parità nella partecipazione ai diversi settori economici e far fronte al problema del divario retributivo e pensionistico fra uomini e donne.

Tra le politiche sovranazionali volte a favorire l’occupazione femminile va ricordata la direttiva (UE) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 maggio 2023, che dovrà essere recepita entro il 7 giugno 2026. Tale direttiva stabilisce prescrizioni minime per rafforzare l’applicazione del principio della parità retributiva per uno stesso lavoro tra uomini e donne e il divieto di discriminazione in materia di occupazione e impiego per motivi di genere. Per il conseguimento dei suddetti obiettivi la direttiva prevede obblighi di trasparenza e di informazioni in materia di retribuzioni, nonché di adeguamento, in caso di sussistenza di discriminazioni retributive di genere immotivate.

Tra le strategie nazionali volte ad accrescere la parità di genere assumono rilevanza, in particolare, le misure previste nel PNRR e la Strategia nazionale per la parità di genere, la cui adozione è stata annunciata dal Governo nell’ambito del medesimo PNRR, quale documento programmatico che, in coerenza con la Strategia per la parità di genere 2020-2025 adottata dalla Commissione europea a marzo 2020, definisce un sistema di azioni politiche integrate nell’ambito delle quali sono adottate iniziative concrete, definite e misurabili. Merita inoltre ricordare, tra le strategie nazionali in oggetto, anche l’adozione del Bilancio di genere, quale misura di verifica dell’impatto che la legislazione può avere sull’uguaglianza tra uomini e donne. Al fine di favorire l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, il legislatore ha previsto, dal 2012, taluni esoneri contributivi in favore dei datori di lavoro che assumono donne, anche in particolari condizioni di svantaggio. Al fine di favorire la presenza delle donne nel mercato del lavoro e ridurre il divario di genere, il nostro ordinamento prevede una serie di misure volte a facilitare la conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro, tra le quali assumono particolare rilievo quelle poste a tutela della maternità e della paternità e per l’assistenza dei soggetti con disabilità, nonché quelle che introducono misure economiche a sostegno della maternità. Nell’ambito dei congedi parentali, nell’ottica di alleggerire il carico di cura della madre, si segnala, in particolare, l’elevamento del congedo di paternità obbligatorio a 10 giorni (20 in caso di parti plurimi). Altre misure riguardano più strettamente il mondo del lavoro. Tra queste, quelle in tema di lavoro agile e di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Si tratta di un quadro difficile che conferma un umor nero delle donne quando si rapportano al mondo del lavoro. E invece dovremmo far entrare una parola Felicità, come l’ultimo libro di Chiara Bisconti che ce ne parla in modo semplice e utile, lavorando su tempo, bellezza, emozioni, diffusione del potere, convivenza delle unicità. Le nostre aziende dovrebbero modificare la loro cultura e organizzazione aziendale per favorire il benessere di lavoratori e lavoratrici. Ma nel 2024 siamo ancora indietro, nonostante alcune storie felici di realtà aziendali che stanno provando a cambiare.

Dobbiamo modificare retaggi antichi di un passato lavorativo che bisticcia col presente e le esigenze di vita delle persone. Ancora troppo precariato e lavoro a basse retribuzioni, in cui non c’è spazio per la persona. Scrivo anche che rientrare al lavoro dopo un periodo di pausa forzata per cure familiari è un’impresa nell’impresa di cercare lavoro. Ci dovrebbero essere percorsi facilitanti e una valorizzazione delle esperienze di ciascuna donna, perché anche il lavoro di cura lo è e pesa nelle skill personali. Il mio augurio per quest’anno è non snobbare le donne e le loro storie. Ho bisogno di sperare che qualcosa possa cambiare e che le nostre voci possano trovare ascolto.

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