
C’è un tratto nella narrazione dell’autrice, i personaggi sono dotati sia di bianco che di nero, non c’è un pregiudizio o un giudizio, oscillano spesso fra elementi positivi e negativi, risultano vicini e lontani, comprensibili ma anche insondabili, mai definitivamente circoscrivibili in una percezione semplice. C’è una profondità di caratteri, di vita, di emozioni, di sfumature. Ti sembra di coglierne l’essenza ma subito ti sfugge. Salvate forse, in gabbia, in fuga, in lotta, in cerca di una dimensione in cui poter essere realmente se stesse, ma poi ci si chiede se si siano mai conosciute veramente, se non avessero vissuto troppo per poter trovare una propria essenza, in mezzo al cammino. Sembrano uscire dalle viscere della terra, autentiche, senza filtri, donne narrate da Dale Zaccaria che sa portarle fuori dalle pagine, le plasma e le porta sotto il nostro sguardo che spesso fugge dalla realtà, che qui ci raggiunge e ci costringe a riflettere. Ci troviamo in questo viaggio e ci dobbiamo confrontare con la durezza della vita, le esperienze, le violenze in cui molte troppe volte annega la nostra umanità. Storie nella Storia, discriminazioni, stigmatizzazioni, attraverso gli anni recenti o più lontani. Un flusso narrativo che porta con sé tracce di Pasolini e di neorealismo, con una prosa che spesso cede spazio alla poesia, la prima arte per Dale Zaccaria, e lascia che prenda il sopravvento la passionalità, la visceralità della grandissima Regina, Franca Rame.