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La mozione no-choice arriva anche a Milano

su 24 ottobre 2018

Ora che la mozione è arrivata a Milano, forse riusciremo a concentrarci e a mettere questo problema tra le priorità. Ho presentato un documento politico, lanciato un allarme, chiesto di prendere posizione esplicita, perché era chiaro che non si sarebbero fermati a Verona. A questo punto dobbiamo mettere in campo tutte le nostre forze e metterci la faccia, esplicitare e far sentire la nostra voce, la nostra posizione, non si può più rinviare, soprassedere. Chi vuole restare nell’ombra e non esporsi ci rimanga pure, noi continuiamo a lottare. Domenica ero a volantinare, in occasione della Sagra di Baggio, su questo tema, con pochi ma essenziali punti e istanze.



C’è bisogno di questo, di parlare alle persone di cosa sta accadendo, di ciò che è in corso, un attacco alla nostra autodeterminazione che passa per l’abnorme obiezione di coscienza, i privati che entrano nelle convenzioni pubbliche e che non applicano la legge 194, la lenta agonia dei consultori pubblici, i centri di aiuto alla vita e associazioni no-choice da tempo nei nostri ospedali, una Lega che si oppone a RU486 in day hospital, un disastro nella contraccezione, prevenzione delle gravidanze indesiderate e delle malattie sessualmente trasmissibili e nell’educazione sessuale. Queste associazioni private devono stare fuori dalle strutture pubbliche, basta volantini negli ambulatori per le IVG. I soldi pubblici devono andare a rivitalizzare e a sostenere i luoghi deputati dalla legge, i consultori familiari pubblici. Andate a rileggervi l’art. 2 della 194. Avrei da aggiungere tra le cause dell’attuale situazione, un lavoro di smantellamento dei governi regionali che dura da decenni e la relazione ministeriale che ogni anno minimizza le criticità. DOVE VOGLIAMO FINIRE? MA CI RENDIAMO CONTO DELLE PAROLE USATE IN QUESTE MOZIONI? BASTA con questo vento oscurantista che si è insinuato dappertutto e vuole impedire, tra l’altro, l’applicazione della 194, che ci consente la scelta, alle donne, solo alle donne spetta l’ultima parola. Giù le mani dai nostri corpi e dai nostri diritti! 

Qui di seguito il mio comunicato in merito a questa mozione: non cambierà le cose, ma almeno non rimango in silenzio. Non so quando sarà calendarizzata la discussione di questa mozione Amicone, ma dovremo e dobbiamo mobilitarci.


La mozione milanese a firma del consigliere comunale Luigi Amicone (Fi e ciellino doc), firmata anche da Milano Popolare, dalla Lega e da Stefano Parisi, ricalca in gran parte i presupposti ideologici e le distorsioni informative presenti nelle mozioni “gemelle” di Verona, Ferrara e Roma, con un pallino fisso: diffondere l’etichetta “città per la vita”. La mozione parla del ruolo dei consultori in termini di assistenza alle donne in gravidanza, cita l’art. 2 della legge 194, ma si “dimentica” di precisare che alla lettera D:
“I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.”
si prevede la possibilità di supporto esterno di associazioni di “volontariato” DOPO LA NASCITA. Chiaro no?!
Come si può pretendere che i consultori pubblici svolgano appieno i compiti assegnati loro dalla legge 194, se negli anni
– si è proceduto a un progressivo e sistematico svuotamento di competenze, di personale, di strumentazione,
– si è coscientemente mantenuta bassa e insufficiente la loro diffusione territoriale, ben al di sotto delle raccomandazioni (il Progetto Obiettivo Materno Infantile del 2000 ne prevedeva 1 ogni 20.000 abitanti),
– si è modificata la natura di questi presidi territoriali, a beneficio dei privati accreditati con il SSN che non applicano la legge 194?
Come si può concepire che si chieda di inserire a bilancio comunale congrui finanziamenti pubblici per soggetti di natura privata, nati per contrastare una legge dello Stato e per sottrarre alle donne la libertà di scegliere autonomamente e senza pressioni e ingerenze indesiderate se diventare o meno madri?
Chiediamo che si torni a investire nei consultori familiari pubblici, ripristinando e salvaguardando la loro funzione originaria e la loro connotazione di servizio di base fortemente orientato alla prevenzione, informazione e promozione della salute, che abbia al centro le donne.
Pensare che la causa della crisi demografica sia arginabile e risolvibile con un intervento che induca e convinca le donne a portare avanti la gravidanza ad ogni costo, significa non comprendere che alla base della denatalità e della decisione di interrompere la gravidanza non ci sono solo ragioni economiche e che la monetizzazione non risolve problemi di natura ben più vasta. Forse occorrerebbe soffermarsi sui differenziali di genere per poter analizzare correttamente il calo demografico.
La legge 194 garantisce la possibilità di scelta, in capo esclusivamente alla donna che potrà e dovrà valutare autonomamente se diventare madre o meno. Nessuno può sindacare e deve permettersi di giudicare tale scelta. Alla luce di quanto avviene negli ospedali lombardi e altrove, in cui operano i Centri di aiuto alla vita e alle modalità con cui svolgono le loro azioni dissuasive e colpevolizzanti, compiendo un vero e proprio terrorismo psicologico, ci risulta ben difficile pensare che questo sia un aiuto, quanto piuttosto una indebita violazione della privacy e del diritto all’autodeterminazione delle donne. Le donne di Napoli che si sono mobilitate in piena estate ci hanno dimostrato che contrastare l’ingresso di queste formazioni è possibile.
Il ritorno all’aborto clandestino è causato dai lunghi tempi di attesa per l’intervento, a loro volta dettati dalle stratosferiche quote di obiezione raggiunte, che di fatto mettono a rischio il servizio di IVG.
Se davvero la situazione fosse sotto controllo, non avremmo il ricorso alla pratica dei gettonisti, che operano “a chiamata” per effettuare gli interventi al posto degli obiettori e che ogni anno comportano un aggravio di spesa non indifferente per le casse regionali.
Il numero degli aborti è calato costantemente in questi 40 anni, a dimostrazione dell’efficacia della legge e del fatto che progressivamente è aumentata la consapevolezza e la responsabilità in materia di salute sessuale e riproduttiva. Quindi non si capisce come la mozione possa affermare che la legge abbia contribuito ad aumentare il ricorso all’aborto come metodo contraccettivo.
Anzi, nonostante gli ostacoli a un’azione di prevenzione, alla possibilità di fornire gratuitamente presidi contraccettivi (attualmente totalmente a carico delle donne), alla diffusione strutturale di programmi di educazione sessuale nelle scuole, gli aborti sono diminuiti. Piuttosto, cerchiamo al più presto di trovare i finanziamenti regionali per consentire l’erogazione gratuita almeno sotto i 24 anni dei contraccettivi nei consultori, come da odg 99 presentato dalla consigliera PD Paola Bocci e approvato in Regione questa estate. Contemporaneamente dovremo compiere passi in avanti sulla diffusione di metodologie più innovative per le IVG, come previsto dall’art. 15, consentendo di somministrare la RU486 (aborto farmacologico) in day hospital, come richiesto dalla stessa Paola Bocci. Esiste una sola pillola abortiva: la mozione declinando “pillola” al plurale dimostra di confondere la contraccezione di emergenza, disponibile in farmacia, con la pillola RU486, somministrata attualmente solo in ospedale, previo ricovero di 3 giorni.
La diagnosi prenatale va difesa e non si possono diffondere deformazioni sui benefici dei progressi tecnologici.
Si riprende il tentativo compiuto a Trieste, con una mozione, per fortuna ritirata, che invitava “il sindaco e l’assessore competente ad adoperarsi per richiedere” una campagna informativa su tutti i danni ed i problemi alla salute che una donna può incorrere se decide di interrompere una gravidanza”. Un altro esempio di tentativo di terremotare la legge 194 e di diffondere false informazioni tra le donne che vorrebbero continuare a poter scegliere senza pressioni colpevolizzanti.
Da un lato questa mozione parla dei livelli enormi di obiezione, segno, secondo il redattore, del peso di coscienza degli operatori o forse sarebbe meglio dire “segnale di quanto spesso lo si faccia più per ragioni di carriera”, come loro stessi spesso rivelano; dall’altro si afferma che l’obiezione non sia un ostacolo all’accesso all’aborto. Insomma, molta confusione e poca attinenza alla realtà.
Una mozione scritta male formalmente e contenutisticamente, con notevoli incongruenze ed falsità.
Per le ragioni esposte sinora ci opponiamo a questo vento oscurantista che è arrivato anche a Milano e metteremo in campo tutte le azioni necessarie per informare adeguatamente e contrastare queste azioni mistificatorie volte solo a creare spaccature e confusione dentro e fuori le istituzioni.

2 responses to “La mozione no-choice arriva anche a Milano

  1. […] In Lombardia è così da più di un decennio, in Lombardia è già in atto tutto questo, ne parlavo qui, eppure nessuno ha messo mai in dubbio la compatibilità di certe presenze e di certe operazioni […]

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  2. […] chi volesse approfondire trova qui ciò che scrissi quie in occasione della presentazione della mozione Amicone in consiglio comunale a Milano e di una analoga nel Municipio 5. Infine sempre su questo aspetto […]

    "Mi piace"

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