Nuvolette di pensieri

Mormora l'acqua del ruscello

Donne e Pianeta

su 20 novembre 2014
© Anarkikka

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Sono stata sollecitata da un commento su FB di Elena al mio post La Natura, l’Altro e l’Altra, sul passaggio uomo-natura. Tra le problematiche femminili-femministe e le tematiche ambientali il passo è breve. L’uomo è stato da sempre impegnato nel tentativo di dominazione e di sottomissione della natura (come aveva rilevato Massimo Lizzi in un commento al mio post), quasi sempre incurante delle conseguenze di queste azioni. Il suo fare è stato sempre rivolto all’oggi, mai al domani e nemmeno alle future generazioni, se non in termini di passaggi ereditari, di trasferimento della “roba”, della terra come proprietà privata, bene non in sé ma in quanto simbolo di potere e di dominio (sarebbe anche interessante approfondire la tematica della redistribuzione delle risorse in una comunità). La donna ha in sé una radice di materna, una caratteristica propria del suo genere, che, sia chiaro non deve fissarla unicamente nel ruolo di madre biologica, ma che la aiuta a farsi madre rispetto al mondo, alla natura, alle future generazioni. Questo istinto che la porta a uscire da sé e ad avere e ad attuare una prospettiva ampia, aperta e in avanti, ci riallaccia al tema della cura per il nostro pianeta. Elena mi ha suggerito il testo La filosofia della crisi ecologica di Vittorio Hösle del 1992.

“Le catastrofi ecologiche sono la sciagura che incombe su di noi in un futuro non più lontano; nonostante tutti gli sforzi collettivi per rimuovere tale prospettiva, nonostante tutte le strategie sviluppate per rassicurarci e tranquillizzarci, nel frattempo questa convinzione si è consolidata nelle coscienze della maggior parte delle persone e costituisce il cupo sottofondo del senso della vita per la giovane generazione dei paesi più sviluppati”.

Salvo sporadici slanci di cambiamento, solitamente si reagisce con l’apatia, l’indifferenza, in una folle corsa verso l’inesorabile abisso al quale sembriamo destinati. Per cui ci perdiamo nell’edonismo del carpe diem, fregandocene del resto. Soprattutto, molto spesso “ragioniamo” (o meglio sragioniamo) per categorie stagne. Ma queste modalità non appartengono alla pratica filosofica. Ecco come la filosofia può aiutarci.

“la filosofia si occupa della verità, e precisamente non di questo o quel singolo momento di essa, ma della verità che concerne la totalità dell’essere; e in questa totalità l’uomo, unico essere naturale a noi noto in grado di udire la voce della legge morale, occupa un posto particolare. La filosofia non può restare indifferente di fronte al suo destino. Nessuno dei grandi filosofi si è sottratto alle emergenze del proprio tempo […] quindi nel momento in cui è in gioco non solo il destino del proprio popolo, ma anche quello dell’umanità e di gran parte della natura animata, essere indifferenti significa tradire la causa della filosofia”.

Probabilmente dobbiamo indagare sul versante della razionalità asettica dell’uomo, che ha pian piano rimosso una soggettività intrinseca della Natura, per giustificarne un controllo privo di limiti e regole. Il controllo è diventato sempre più un sopruso, uno sfruttamento, un depredare, un succhiare risorse, unicamente per massimizzare ricchezze personali, la produzione, nel nome del progresso economico e di un benessere cieco ed egoistico. Apro una piccola parentesi. Mi viene in mente che non dappertutto è stata negata la soggettività e una sorta di coscienza di sé della natura. Penso a luoghi come il Giappone, in cui lo shintoismo ha coniugato l’animismo autoctono al Taoismo. Mi raccontava una ragazza giapponese, che conobbi qualche anno fa: per loro ogni cosa è dotata di un’essenza in sé, per cui c’è una sorta di rispetto nei confronti di ogni elemento del mondo (aspetto che si ritrova anche nel rapporto con il cibo), soggetto e non solo oggetto della nostra percezione esperienziale. C’è una mentalità diversa, o almeno c’era in origine. Perché poi anche il Giappone e altri paesi orientali hanno scelto di mettere da parte questa originale idea e di buttarsi nell’economia e nella produzione di tipo occidentale, anche a scapito della natura. Nel mio post analizzavo il passaggio dal dominio sulla Natura, a un controllo sugli altri uomini (quindi alla società) e sulle donne. Hösle suggerisce una ridefinizione nel sistema di valori e delle categorie.

“Sarebbe erroneo ritenere che la crisi ecologica possa essere superata per mezzo di provvedimenti di natura esclusivamente politico-economica. Se la crisi ecologica ha le proprie radici in certe direttrici spirituali che hanno condotto a determinati valori e categorie, non si potrà conseguire un mutamento radicale se non correggendo questi valori e categorie. Probabilmente al centro di questa trasformazione vi dovrà essere il concetto di natura; il rapporto tra l’uomo e la natura dovrà essere impostato in un modo diverso da come viene impostato in gran parte della filosofia e delle scienze moderne”.

Quindi, mi viene da aggiungere, anche attraverso la ri-fondazione di un rapporto Uomo-Uomo-Natura-Donna circolare, che abbracci, includa, capace di una dialettica costruttiva e non volta all’annientamento dell'”Altra parte”. Eliminare la dimensione morale ha di fatto aperto la strada a ogni tipo di sopraffazione, che oggi prende la forma del neoliberismo. Riprendo quanto rilevavo al principio di questo post. La deumanizzazione e la collocazione del soggetto donna a un gradino inferiore dell’umanità (continuando a rinviare le soluzioni concrete delle disparità di genere, sottovalutando, ridimensionando o addirittura negando tutte le forme di violenza che le donne devono subire), così come la privazione della soggettività della Natura, sono in realtà tutti sintomi e strumenti di un dominio e di una sopraffazione dell’uomo sulla donna come sul pianeta. Le violenze hanno la stessa radice valoriale e culturale. Per questo motivo penso che l’appello che l’IWECI (International Women’s Earth and Climate Summit) lanciò un anno fa debba essere ripreso, sostenuto. Siamo noi donne che dobbiamo rinnovare gli approcci, le analisi, le soluzioni, le chiavi di lettura dei fenomeni. Siamo noi donne che dobbiamo saper recuperare le nostre doti prospettiche per non lasciare che l’intero pianeta sprofondi nell’abisso. Colgo l’invito per il #25Novembre di Politica Femminile, da cui ho tratto il seguente pezzo dell’attivista e ambientalista indiana Vandana Shiva.

“ho più volte sostenuto che lo stupro della Terra e lo stupro delle donna sono intimamente connessi – sia metaforicamente, nel modo di cui si costruisce la visione del mondo, sia materialmente: nel modo in cui si costruiscono le vite quotidiane delle donne. (esiste) connessione tra lo sviluppo di politiche economiche violente ed inique, e l’aumento di crimini contro le donne. […] L’idea di una crescita illimitata in un mondo limitato può mantenersi solo attraverso il furto delle risorse del debole da parte del potente. E il furto di risorse, essenziale per la crescita, crea una cultura dello stupro: lo stupro della terra, delle economie locali autosostenibili, lo stupro delle donne. […] dobbiamo cambiare il paradigma dominante: porre fine alla violenza contro le donne significa anche superare l’economia violenta a favore di economie pacifiche e non violente, capaci di rispettare le donne e il Pianeta”.

Da La Rete delle reti femminili: la Premio Nobel ‪‎Jody Williams‬.
https://www.youtube.com/watch?v=ZRz-OLu324U


1 responses to “Donne e Pianeta

  1. […] degli assetti di potere nella società. Alcune critiche hanno investito anche le mie riflessioni su Donne e Pianeta. Viene sempre più messa in crisi l’idea di una responsabilità collettiva e di un farsi […]

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