Nuvolette di pensieri

Mormora l'acqua del ruscello

Misunderstanding

su 16 dicembre 2014
Lesueur - Club Patriotique de_Femmes

Lesueur – Club Patriotique de Femmes

 

Qualche giorno fa mi è capitato di sentire certe considerazioni che mi hanno lasciata perplessa e mi hanno fatto capire come sia in atto un tentativo di ritorno al passato, alcune donne oggi ritengono sia opportuno adottare il passo del gambero. Un bel colpo di spugna a tutte le riflessioni, le considerazioni, le rivelazioni, le scoperte emerse in decenni di lavoro del movimento delle donne. Ci sono numerose donne che tuttora si domandano se ci sia una differente sensibilità fra uomo e donna nell’approccio alla vita. Come dire che le discriminazioni e tutto ciò che abbiamo subito per secoli come donne, in realtà sono state frutto del caso e di un fraintendimento (rimediabile) tra uomo e donna. Come dire che la violenza sulle donne trae origine dai grilli per la testa delle donne moderne o dalla loro incapacità di difendersi e di ribellarsi. Queste donne vogliono farmi credere che non c’è mai stato un vero bisogno di femminismo, che anzi, dobbiamo interrogarci sul fatto che forse ci siamo sbagliate. Mi è stato domandato se non fosse il caso di interrogarci sul fatto che forse abbiamo peccato nel ritenerci capaci di una rielaborazione autonoma dei rapporti tra le persone e degli assetti di potere nella società. Alcune critiche hanno investito anche le mie riflessioni su Donne e Pianeta. Viene sempre più messa in crisi l’idea di una responsabilità collettiva e di un farsi carico “originale” da parte delle donne. Per molte persone il femminismo è una semplice “sostituzione/staffetta di potere” tra uomini e donne, ma non è possibile che gente dotata di un minimo di cervello possa fare questa confusione. Non si tratta di sostituire una verità con un’altra, ma di modificare le regole, gli assetti, le letture, gli equilibri attuali che tuttora ci tengono ghettizzate, discriminate, sottomesse. Nessuna femminista si ritiene depositaria di una nuova verità assoluta, di un verbo per tutt*. Così come quando si pensa che le femministe siano quelle che odiano gli uomini. Pensare queste cose significa guardare alle femministe in modo pregiudiziale, senza una conoscenza reale dei femminismi di oggi o di ieri. Consiglio un ripasso (o meglio una lettura ex novo per coloro che parlano per sentito dire) dei classici, ripercorrendo i passaggi storici che hanno portato all’affermazione del modello patriarcale, passando per gli studi matriarcali di Abendroth, fino ai femminismi degli ultimi decenni. Leggere servirebbe quanto meno a non fraintendere e a non negare l’evidenza di una oppressione tuttora tangibile. Non la vivi? Strano davvero, forse semplicemente non te ne sei mai accorta. Leggere serve a dare un minimo di fondamenta teoriche a quanto si dice o al proprio pensiero. Riflettere è necessario per non svilire i discorsi e perdersi in un liberismo che utilizza il marchio femminista per annacquare e dissolvere ogni problematica, tanto da ridurre anche la violenza a una “sensazione infondata” di chi si “autovittimizza”. Alla fine è normale che qualcuna mi dica che in fin dei conti i problemi si possono risolvere cambiando il nostro approccio con il “primo sesso” e assomigliandogli maggiormente. In alternativa vale il consiglio di tornare a essere bestioline mansuete.
Faccio una digressione solo apparente.
Oggi più che mai è necessario un rovesciamento, un rinnovamento degli assetti di potere, di come si giunge a rivestire un ruolo istituzionale o di classe dirigente nella nostra società, di come si fa carriera e di come si raggiungono certe posizioni. Non è ammissibile che ci sia un silenzio connivente con certi meccanismi marci preferenziali, che fuori da ogni logica di merito, premiano solo i fedeli, i più servili, i più utili a mantenere lo status quo amicale, parentale, familista ecc. Nel nostro paese per troppo tempo si è preferito glissare su certi aspetti indecorosi, perché molti e molte cittadini/e hanno pensato che tutto sommato si poteva soprassedere e magari approfittare di qualche briciola di favore. Coloro che si sono ostinati a tenersi alla larga da questi metodi, solitamente nel nostro paese, sono stati sconfitti, allontanati, puniti, considerati dei falliti, dei soggetti da escludere perché rovinavano il sistema e non si conformavano. La sottrazione e il dirottamento di soldi pubblici per fini poco puliti e per ingrossare i flussi di tangenti, il clientelismo, le mafie di vario ordine e grado, i concorsi truccati per selezionare solo la classe dirigente amica, la cosa pubblica gestita come un affare tra pochi eletti, i condoni tombali su evasori e abusivismo, carriere di ogni tipo segnate unicamente dalle conoscenze e dagli scambi di favori, l’abitudine consolidata a considerare queste pratiche come “ordinaria amministrazione”: tutto ciò ha creato un paese fragile, in cui i migliori sono stati e saranno costretti ad abbandonare la nave, in cui la macchina pubblica o vicina ad essa è piena zeppa di incompetenti e zelanti faccendieri disponibili a dare una mano ai soliti amici. Una rete che assorbe ogni rapporto, ogni settore, ogni relazione, ogni più piccolo aspetto della nostra vita. In questo assetto, ogni posto, ruolo, mansione dalla più piccola alla più elevata sono soggetti ai medesimi giochi di assegnazione e spartizione. Interi settori professionali e accademici vengono interessati da scambi di favori e di facilitazioni per superare le prove di abilitazione, di ingresso e per crearsi una base clientelare di sostegno. Una politica che fa ribrezzo (o dovrebbe farlo) e che tutti ci siamo trovati a incrociare, a sfiorare. Il così fan tutti e tutte, che in un paese sano dovrebbe essere sanzionato anziché assurgere a legge universalmente riconosciuta e tollerata. Il problema più grande è che se non hai affiliazioni resti uno zero, uno che non conterà mai niente, perché le carriere, quelle vere, le faranno sempre gli altri che hanno qualcosa da portare in dono, in cambio. Questo vale al cubo quando si tratta di donne, perché a queste complicazioni si aggiungono tutte le mille discriminazioni tipiche del genere. E in tutto questo le donne dove si collocano? Come si rendono soggetto diverso e capace di indignarsi per scardinare questo assetto marcescente? Ci siamo mai interrogate veramente e onestamente? Ecco, forse con una maggiore dose di femminismo sincero e non fatto di parole vuote e finte, potremmo essere in grado di segnare un piccolo cambiamento. Probabilmente è la replica di modelli maschili e il nostro assecondarli che ha segnato un fallimento. Nonostante tutto, nonostante sempre più spesso ci venga chiesto di omologarci e di adeguarci, dobbiamo riconoscere l’importanza e l’urgenza di una costruzione diversa della storia e di come guardare e pensare al futuro. Non possiamo stare alla finestra a guardare.
Condivido quanto riportato qui da Maria Rossi, sempre chiara e perfetta nelle sue argomentazioni, sulla lotta politica delle donne, che deve scaturire da un’esperienza di oppressione vissuta in prima persona, per non essere debole, soggetta a fraintendimenti pericolosi. Ciascuna di noi deve farsi portavoce di una necessità di cambiare gli assetti che vanno dal privato al collettivo e che sono connotati da un dominio sulle donne, ma non solo. Esistono dei meccanismi, mutuati dal mondo maschile, che se decidiamo di incarnare e condividere ci potrebbero portare a sostenere un accanimento sempre più prepotente sull’individuo, caricato di ogni responsabilità, come suggerisce Maria Rossi. Che si tratti di donna o di uomo, l’etica individualista produce una visione mono-centrica, con l’ego del singolo o della singola al centro del mondo: se ci sai fare e sai sfruttare le tue doti, le amicizie, le relazioni, i rapporti privilegiati, lo status, le connivenze, i favori, con l’aggiunta di un po’ di cinismo, riesci a oltrepassare discriminazioni, oppressioni e violenze di ogni genere. Se non ci riesci, non ti sei applicato abbastanza e comunque è colpa tua. Ecchisenefrega degli altri e soprattutto delle altre? Esisto solo io, tutt’al più me stessa (la mia coscienza). Io stabilisco cosa sia buono e cosa no, io al centro di un fenomeno di auto-normazione. Con buona pace della dimensione collettiva e della sua utilità al fine di una presa di coscienza individuale della propria condizione. Il teorema dell’ognuna per sé. Mi sembra di capire che Wolf ci suggerisca che spetta a noi non farci opprimere, discriminare ecc. Basta dotarsi di forza e di una smisurata autostima, aggirandosi per il mondo come tante solitarie schiacciasassi. Basta fare come fanno gli uomini. Ma chi ha mai voluto essere come un uomo? Noi donne al pari dell’uomo, carnefici o schiave di un sistema, a seconda che ci riesca o meno la nostra lotta titanica per il potere fine a se stesso e autoreferenziale, in uno scontro che appare estendere alla donna i tratti dell’assunto homo homini lupus est. Ma questo inno alla forza individuale per ergersi al di sopra degli altri, per dominare e schiacciare gli altri, altro non è che un sostenere che ogni arma è concessa, ogni nefandezza o crimine è ammesso, ogni forma di schiavitù (personale o altrui) può essere utile, per raggiungere il podio del potere e lo scettro del comando. Senza un ragionamento morale si lascia la porta aperta a qualsiasi cosa. Ogni azione umana, ad opera di un uomo o di una donna, viene sradicata dal suo contesto, da un’analisi delle sue radici e da un discorso morale. Ogni cosa si smarca e può essere annoverata sotto l’etichetta femminista, quasi come se fosse in atto una specie di assorbimento del femminismo all’interno del meccanismo produttivo-commerciale-consumistico. Ma questo non è femminismo, nessuna, come dicevo, si sognerebbe di voler semplicemente invertire gli attuali assetti di potere maschio-centrici. C’è un lavoro ben più complesso e profondo da compiere, per cui occorre smarrire tutte le regole, i metodi, i passaggi, i meccanismi che fino ad oggi hanno formato la struttura portante del sistema socio-economico in cui siamo immersi. Dobbiamo sbarazzarci delle scorciatoie e sovvertire ruoli e consuetudini secolari. Altrimenti ci troveremo a salutare sempre un uomo con frasi del tipo “bacio grande capo”, serve e complici di un sistema popolato da escrementi umani. Ma ci rendiamo conto in che mondo viviamo? Credo che sia in atto un tentativo di depistaggio interno (ma con burattinai esterni) dei valori e dell’etica alla base del movimento delle donne.


4 responses to “Misunderstanding

  1. Vlad ha detto:

    ma una donna carrierista, opportunista, cinica, individualista è una donna che ha adottato “modelli maschili” o è semplicemente una donna carrierista, opportunista eccetera ? Io opto per la seconda.

    del resto troverei altrettanto incongruo affermare che un uomo dolce ha adottato “modelli femminili”: dolcezza e aggressività possono appartenere a uomini come a donne

    (per inciso: non credo che l’individualismo sia tutto da buttare)

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