Nuvolette di pensieri

Mormora l'acqua del ruscello

L’immagine tra face-ism e body-ism

su 30 dicembre 2015

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Oggi ritorno a parlare di oggettivazione sessuale (riagganciandomi al testo di Chiara Volpato Deumanizzazione. Come si legittima la violenza), che colpisce donne e in misura/forma differente anche gli uomini. L’iper-sessualizzazione delle donne e degli uomini attraverso le immagini che vengono diffuse dai media, è un fenomeno che influenza entrambi i sessi, laddove troviamo un uomo rappresentato sempre più come ammasso muscolare, in cui la forza fisica prevale sulle emozioni e la dominanza sessuale viene accentuata.
L’ossessione per una forma conformata di uomo e donna viene instillata dai media. L’oggetto donna è dipinto con tratti stereotipati, giovane sottile, levigata, come se non ci fosse il passare del tempo, come se la donna fosse rappresentabile solo nella sua giovinezza, o in qualcosa che le assomiglia a tutti i costi. Mi viene in mente quanto sottolineava Lorella Zanardo in un suo intervento di educazione ai media tra i ragazzi e le ragazze del centro di aggregazione giovanile Cde Creta il 18 dicembre scorso: le donne anziane (anche secondo l’indagine Donne e Media del Censis 2012 QUI) rappresentano solo il 4,8% del mondo femminile in tv. Questa mancata rappresentazione comporta una sorta di “non esistenza” di tutto quanto non è conforme a certi canoni. Tutto questo causa un forte senso di inadeguatezza nelle donne. Questa ossessione di una rappresentazione parziale e appiattita dell’universo femminile non riguarda solo le donne comuni, questa “eterna giovinezza” diventa un canone a cui adeguarsi dappertutto. Lo abbiamo visto in questi giorni in merito agli attacchi ricevuti dalla splendida Carrie Fisher QUI, che ha dovuto dapprima perdere peso per interpretare la parte nell’ultimo episodio di Star Wars, e poi si è sentita piovere addosso critiche sul fatto che non sia “invecchiata bene”. Fa bene a replicare su Twitter:

Peccato che certi appunti non siano stati indirizzati egualmente ai suoi colleghi uomini. L’immagine signori, prima di tutto l’immagine della donna, spianata e sempre giovane, non vorremo mica mostrare quanto è bello invecchiare, trasmettendo messaggi diversi… Sempre parlando di attrici, io adoro il volto intenso, bello ed espressivo di Shirley MacLaine, che con il passare degli anni è diventato sempre più intenso. Alle donne non è ancora concesso il lusso di invecchiare, senza subire attacchi di questo genere o essere “dismesse”. Gli anni che passano e che ci portiamo addosso e che indossiamo assieme alle rughe, sono i segni della nostra r-esistenza, del nostro bagaglio di esperienze, dei nostri successi e fallimenti, dimostrano che abbiamo vissuto e siamo state impegnate in cose ben più importanti e soddisfacenti del mantenere liscia la nostra pelle. Se solo ci insegnassero l’importanza della manutenzione dei neuroni!
Anche alle bambine è richiesto di partecipare a questa messa in scena: la precoce sessualizzazione è sotto i nostri occhi. Quasi come se non fosse permesso più di avere un’infanzia e di godersela, come se si dovessero bruciare le tappe perché tutti presi da una frenesia folle.
Il Report of the American Psychological Association (APA) Task force on the sexualization of girls (2007) QUI ci fornisce una rassegna e un’analisi degli impatti di questa sessualizzazione.
Sfuggire alle conseguenze e ai messaggi veicolati è impossibile, in Italia la situazione è ancora più accentuata rispetto all’estero, ma non sembra generare alcuna forma di rifiuto e di ribellione. Così manchiamo un’occasione per sovvertire realmente la cultura sessista, creiamo una incomprensibile dicotomia tra sforzi concreti di superare questi modelli pericolosi, chiedendo parità di partecipazione e maggiori diritti per le donne, e questo continuo tentativo di restaurazione di messaggi sessisti e di ruoli preordinati. La tv come i cartelloni pubblicitari suggeriscono immagini che oggettivano la donna (vedi il lavoro di Ico Gasparri QUI). Su Facebook c’è un gruppo molto attivo che vigila sulle pubblicità: https://www.facebook.com/groups/pubblicitasessistaoffende/

Su questo versante cito il lavoro di Archer e colleghi del 1983, descritto da Volpato nel suo testo:

“Dopo aver creato un indice di preminenza facciale, gli autori hanno esaminato 1750 foto pubblicate in giornali americani, 3500 immagini tratte da periodici di undici differenti culture (anche l’Espresso e l’Europeo), 920 ritratti di artisti noti, e 80 di artisti dilettanti. (…) Nei media e nell’arte gli uomini sono ritratti in modi che sottolineano la testa e il viso, le donne in modi che sottolineano il corpo.”

Questo è il face-ism, contrapposto a un body-ism (Unger e Crawford 1996). Questo è esattamente ciò che rileva Zanardo nella nostra tv, che si dedica a riprese “ginecologiche” e senza volto delle donne, ingabbiandole in una rappresentazione solo fisica ed emotiva (contrapposta a quella maschile che sottolinea le qualità intellettuali). Quando viene posta qualche domanda, è quasi sempre a risposta chiusa, sì/no, in modo tale da limitarne l’interazione.
Chiaramente gli effetti di questa esposizione passiva e involontaria a questi messaggi, porta le donne a essere più preoccupate del peso, cercando di raggiungere livelli di bellezza irrealistici, producendo problemi enormi collegati a insoddisfazione per il proprio corpo e disturbi alimentari.
Altri studi hanno evidenziato le ricadute sociali della sessualizzazione mediatica delle donne: gli uomini sono incentivati a usare parole sessiste, si veicolano visioni stereotipate, aumentano comportamenti sessualizzati in interazioni successive con donne (Rudman e Borgida 1995).
Questi messaggi dei media bloccano l’intera società, impedendo un superamento delle diseguaglianze tra i generi, veicolando stereotipi e culture (vedi la cultura dello stupro, l’idea che la donna se la sia cercata). Oggettivando la donna si crea una sorta di via libera a tutta una serie di violazioni di diritti, la donna viene privata di pari diritti, viene percepita in maniera distorta, diviene strumento nelle mani maschili, guai a uscire da questi canoni. Le donne non sono considerate come compartecipi dello sviluppo della società, perché continuano ad essere “raccontate” nel modo sbagliato, conveniente per la conservazione di un modello androcentrico. Ancora facciamo fatica a comprendere quanto ne beneficerebbe l’intera società se solo si cambiassero certe cattive abitudini. Abbiamo già parlato degli effetti del porno, ma nel nostro quotidiano c’è qualcosa di molto simile, considerato “normale”, perché derivante da programmazione televisiva, ma non meno pericoloso.
Nel testo di Lorella Zanardo del 2010 Il corpo delle donne, leggiamo:

“Esistono molti siti, privati o sponsorizzati, che ospitano un numero impressionante di immagini statiche o di brevi video in cui i corpi di donna sono catalogati in base alle parti anatomiche mostrate o alle “performance” eseguite. Seni, sederi, gambe, volti sono a disposizione come in macelleria i tagli di carne. Upskirt, nipples, downblouse, seethrough sono alcune delle parole chiave che dilagano in rete e che indicano accidentali visioni di parti del corpo femminile, tratte dalle apparizioni televisive. Mutandine scorte sotto le gonne, accavallamenti di gambe al ralenti, capezzoli che occhieggiano dalle scollature, diventano ossessione pubblica e condivisa”.

Questo, come ci spiega Zanardo, non è indice di una liberazione dei corpi, di una liberazione sessuale, ma di una prigione di una sessualità non sana. Siamo ancora alla visione dei corpi femminili legati al peccato. Siamo ancora all’abitudine di spiare dal buco della serratura, come in un vecchio film di Totò ambientato a Parigi. Siamo ancora fermi lì. Il modello della tv commerciale che doveva vendere prodotti e attirare pubblico ad ogni costo, esibendo pezzi di corpi di donne, è stato poi seguito anche dalla rete pubblica che spesso non si è curata di fornire un messaggio diverso (come ricostruisce bene Zanardo), rappresentando tutti i tipi di donne, facendo sentire cittadine pari tutte le donne e non soltanto quelle che replicano cliché e modelli prestabiliti. Si è preferito continuare a sottorappresentare e a malrappresentare le donne, oggettivandole, escludendo il passare del tempo, non raccontando la forza reale delle donne. Siamo restate addomesticate/bili ancelle, contorni piacevoli per la vista, raramente considerate in toto, in quanto persone a tutto tondo. Da tutto questo se ne esce solo attraverso una educazione ai media, fornendo ai ragazzi e alle ragazze gli strumenti per “smontare” i prodotti trasmessi, decondificando i messaggi, per essere pienamente consapevoli. Questo di fatto il lavoro che sta svolgendo Lorella Zanardo da anni, raggiungendo proprio le nuove generazioni per renderle consapevoli dei propri diritti, per compiere una alfabetizzazione all’immagine (consideriamo che l’Italia soffre anche di un notevole analfabetismo funzionale che impedisce a molte persone di capire ciò che leggono e di adoperarlo in modo attivo QUI e QUI), che li aiuti a non essere schiavi passivi dei media, perché se conosci e vedi le cose attorno a te in modo nitido, non puoi ignorarle e non cambiare ottica. Se sei consapevole sei in grado di pretendere cose diverse. Così inizia ed è possibile il cambiamento. La consapevolezza parte da sé, va però “accesa” e trovo questo lavoro di Lorella prezioso, da diffondere. È l’energia che trasmette, quell’orgoglio, quella gioia di essere donna che traspare, quell’entusiasmo di stare tra i ragazzi e le ragazze, che avvertono tutto questo, lo sentono eccome. Un pezzo di femminismo autentico, condiviso, vissuto e tangibile, che raggiunge tutt* ed è in grado di parlare a tutt*. Fa bene a tutt*.
Un augurio per il 2016 (grazie a Zanardo per avermi fatto conoscere questo video): riuscire a vedere chi è Jane veramente, affinché possa essere ciò che desidera, al di là di rappresentazioni stereotipate e fisse, al di là di aspettative preconfezionate e attese. Ampliamo gli orizzonti delle prossime generazioni, scriviamo un racconto a ruoli e prospettive aperte e libere.

 

Vi consiglio queste letture/video:

http://www.theguardian.com/film/2015/dec/26/women-female-roles-hollywood-films

“The Geena Davis Institute report says: “While Hollywood is quick to capitalise on new audiences and opportunities abroad, the industry is slow to progress in creating compelling and complex roles for females.”

—-

http://www.newstatesman.com/culture/film/2015/12/what-do-when-youre-not-hero-any-more

—-

“Popular culture bombards us with hypersexualized images of women and men, conveying powerful images that help shape our sexuality. Dr. Gail Dines, recipient of the Myers Center Award for the Study of Human Rights in North America, sociology and women’s studies professor, and porn industry researcher and writer, explores how masculinity and femininity are shaped by pornified images that spill over into our most private worlds.”


6 responses to “L’immagine tra face-ism e body-ism

  1. Paolo ha detto:

    le critiche a carrie fisher sono ingiuste però il fatto che abbia dovuto perdere peso non è uno scandalo: è pieno di attori maschi e femmine che devono o ingrassare o dimagrire (o mettere massa muscolare) per calarsi in un dato personaggio ed è giusto, credo che pure Harrison Ford debba tenersi in forma (i fan di star wars non accetterebbero certo uno Han Solo totalmente decrepito). Ed è giusto che un attore sia credibile anche fisicamente per il personaggio che fa. se serve un attore o un’attrice giobane e belloccio/a si scrittura quello.
    Non puoi prendere Danny De Vito per fare James Bond e non puoi prendere Kathy Bates per fare Catwoman, li puoi prendere per fare altri personaggi.
    Dopdichè al cinema oggi troviamo personaggi femminili credibili e complessi quanto quelli maschili. E il cinema non è solo un “media”, è arte. (tra l’altro proprio l’ultimo star wars presenta una eroina femminile molto interessante)
    Senza dubbio è difficile per un attore americano anziano di 60-70 anni (anche maschio) trovare ruoli da protagonista poichè il grosso del pubblico americano è composto da giovani e questi preferiscono andare a vedere film dove sono protagonisti dei loro coetanei (o quasi) ma al cinema c’è spazio per Scarlett Johansson come per Helen Mirren, per Zac Efron come per De Niro ma ovviamente non faranno gli stessi personaggi.

    Quanto al legame tra media e disturbi alimentari, forse è ora di mettere in discussione certi luoghi comuni: https://beizauberei.wordpress.com/2015/10/17/vecchie-note-sulle-anoressie/

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    • Paolo ha detto:

      giobane=giovane.
      Per il resto, esistono uomini e donne in linea di massima fisicamente più belli di altri va accettato ma tutti possiamo piacere a qualcuno e piacerci

      (sono perplesso sul concetto di “oggettivaziobe”, la sensualità fa parte dell’umano e va rappresentata nei contesti adatti, non è di per sè segno di degrado, dipende dal contesto: un film non è una pubblicità)

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  2. Paolo ha detto:

    quando vedo come sono invecchiati oggettivamente male attori maschi come Val Kilmer e Jean Pierre Leaud ammetto che un pensiero sconsolato su com’erano prima e come sono adesso lo faccio

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    • Paolo ha detto:

      E Gail Dines sbaglia quando parla di cultura “pornificata”: il sesso, il sex appeal e la sensualità anche nelle loro forme più prosaiche fanno parte dell’umano ed è legittimo rappresentarle: una scena sexy o esplicitamente erotica non è di per sè “porno” o “degradante”

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