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Femminismo, libertà e cambiamento: il ritratto attuale delle donne nel 2024

su 22 Maggio 2024

Ieri parlavo di donna e compiti di cura, di una indagine che parlava di retaggi duri a cambiare, di come la dicotomia “dentro-fuori” sia rimasta viva. Nei casi e nei luoghi in cui il diritto a lavorare è riconosciuto, lo è ancora a patto di non allontanarsi troppo dal focolare domestico e di riuscire a svolgere il ruolo primario e “naturale” di cura. Alla casa e alla famiglia occorre secondo molti tuttora subordinare tutto il resto. Lo stesso sconforto ci prende se pensiamo in termini di autonomia economica e livello salariale, possesso di beni, la persistenza di forme di sfruttamento e oggettivazione. In alcuni momenti mi fermo a riflettere e non mi sembra di vivere nel 2024, alcune situazioni e mentalità collimano con analisi di decenni fa. Cosa è successo?

Ultimamente mi sono interrogata molto su cosa accade oggi alla libertà delle donne, al loro esserci nella società ancora non pienamente cittadine. Abbiamo accumulato una serie di diritti, abbiamo fatto passi in avanti in termini legislativi, ma c’è qualcosa su questa strada che ancora non va. Il femminismo prevedeva un nuovo disegno per una rottura con modelli patriarcali che invadono tuttora ogni campo. Prevedeva anche una dimensione collettiva, non limitata ai diritti individuali, bensì di profondi cambiamenti nella dimensione pubblica e nel privato. Questo non è ancora accaduto perché ancora una volta sembra aver avuto la meglio il modello e il pensiero maschile, di cui il neoliberismo e l’individualismo sono due perfette emanazioni. Siamo restate impaludate alla mercé del mercato e le nostre esistenze ancor più assoggettate ad esso di quanto accada agli uomini. Il superamento di una idea di libertà al maschile è fondamentale per la nostra liberazione. Io desidero affrancarmi da tutta una serie di costruzioni teoriche e pratiche del modello maschile. 

Il femminismo, come scriveva Juliet Mitchell nel suo Woman’s Estate – 1971, unisce le donne al livello della loro storica oppressione, come se fosse un attacco totale. La prima divisione del lavoro fu la prima forma di oppressore e oppressi, la prima divisione del lavoro fu tra uomo e donna (poi fa un riferimento a Dialectic of Sex di Schulamith Firestone). Ci siamo dimenticate che la liberazione della donna può essere raggiunta solo se tutte le 4 strutture in cui sono integrate verranno trasformate (produzione, riproduzione, sessualità e socializzazione ossia cambiamento della società).

Sarebbe importante che come sinistra si riuscisse a riconoscere questo volto della donna, se invece di continuare a spuntare solo briciole di diritti o peggio vivere arretramenti ci interessassimo a come stanno le donne della realtà. Quante siamo indipendenti in ogni aspetto? Quanta libertà di e da?

Costruire ex novo una società in cui le donne abbiano davvero voce e agibilità. Non è sufficiente la democrazia paritaria, perché gli ingranaggi sono di matrice patriarcale, anche e soprattutto quando continuano a vederci come corpi utili alla macchina neoliberista. Ci siamo battute per una identità femminile non riferita a quella maschile, ma autonoma. Ci siamo battute per un esserci senza dover essere di qualcuno, senza essere associate al maschio dominante, come soggetti della storia distinti e soggettività nuove. Eppure siamo ancora avvitate sulla scala dei diritti, con la nostra autodeterminazione tirata a destra e a sinistra a seconda delle necessità e perciò sempre più compressa e snaturata. Come secondo sesso veniamo ancora dopo e De Beauvoir tuttora stenta ad essere compresa e attuata. Abbiamo scritto pagine di una storia diversa e inaspettata e non vogliamo tornare indietro a essere invisibilizzate nella nostra sessualità, nelle nostre libertà, nelle nostre visioni differenti per smarcarci da un patriarcato che tutto vuole contaminare.

Se pensiamo alle nostre esistenze e da quanto margine di discriminazione tuttora siamo afflitte, dovremmo seriamente iniziare a pensare a come attrezzarci per affrontare tutti i marosi che ci stanno travolgendo giorno dopo giorno. Uscire dalla dimensione privatistica e individualistica, lottare per la libertà femminile a partire dai luoghi reali e di pensiero. Ultimamente scorgo invece un pericoloso ripiegamento sulla sopravvivenza quotidiana mangiata da un’onda regressiva e repressiva. Noto un ripetere stanco di rituali individualistici e autoreferenziali, con pochissime eccezioni di donne che possono fieramente dirsi radicali e sradicali.

C’è ancora domani se lo vogliamo, se ci giochiamo le scelte giuste, se ci impegniamo in prima linea, se non ci facciamo inglobare, invisibilizzare e neutralizzare. Dobbiamo esserci con tutte noi stesse, non solo per presenziare, ma per fare la differenza con le nostre idee e pensieri, con la nostra corporeità, con la nostra forza autentica. Ancora oggi dal maschile derivano tutta una serie di supremazie e dipendenze. Il Maschile non è solo legato all’anatomia, ma come genere parla di aspetti morali, spirituali, metafisici. La fisicità dell’uomo determina un ruolo sociale, con tutti gli annessi e connessi privilegi, che non sembrano venir meno se ancora oggi a maschile associamo la logica, la produttività, la forza, mentre il femminile è tuttora “l’immagine della natura la cui oppressione è il titolo di gloria di questa società”. Vorrei che quotidianamente prendessimo in mano le redini di questo sistema e lo rivoltassimo come un calzino, insieme. Ci vuole in ogni contesto in cui lavoriamo e in generale agiamo. Non è solo teoria, perché quelle 4 strutture sono reali, determinano il nostro quotidiano livello di oppressione.

Ho scritto questo articolo breve in un periodo di tempo che mi sono ritagliata durante la giornata e a cui tengo molto. Quante donne hanno la possibilità di fermarsi a leggere, riflettere, esprimere il proprio pensiero? Mi sono accorta che questo potrebbe essere un buon motivo politico del punto in cui ci troviamo in termini di liberazione.

Fonte immagine http://www.hotpotatoes.it/2020/10/01/il-femminismo-marxista-della-rottura-anna-curcio/


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