Nuvolette di pensieri

Mormora l'acqua del ruscello

Donne piccole come stelle

la donna cannone

 

Qui di seguito pubblico la mia traduzione dell’intervento di Rachel Moran al FemiFest 2014 (qui l’originale sul suo profilo FB). Ci sono dei passaggi molto forti, che mi hanno fatto stare male, ma dovevo finire di tradurre, perché queste storie devono essere raccontate. Ogni volta che leggo storie di questo tipo, mi chiedo come si possa ancora voltare la testa dall’altra parte e non cercare di trovare delle soluzioni per strappare queste donne da questo inferno sulla terra. Manca forse la volontà, non solo politica, di sradicare un’abitudine più diffusa di quanto di possa pensare? Come si fa con la gramigna, dobbiamo impegnarci a sradicare la prostituzione. Non ci sono alibi. Questa è violenza e nessuno stato dovrebbe rendersi complice di essa, anzi dovrebbe mettere a disposizione le risorse necessarie per combattere la tratta e lo sfruttamento delle donne da parte di organizzazioni criminali piccole o grandi. Chiedo a coloro che considerano la prostituzione una professione come le altre e che portano avanti proposte di legge in questa direzione, la consigliereste a una figlia, a una nipote o a un’amica? La prenderebbero mai in considerazione per se stesse? Oppure, forse, sarebbe il caso di garantire a tutte le donne una valida alternativa per sopravvivere?

Un’altra annotazione: qualora venga approvata in Italia una legge che riapra le case chiuse e che preveda un registro delle sex workers, per quanti anni una donna potrebbe verosimilmente svolgere questo mestiere? Cosa accadrebbe nel caso volesse smettere? Che futuro lavorativo potrebbe avere? Che diritti lo stato le garantirebbe? Di cosa potrebbe vivere? Non raccontiamo balle, raccontiamo le cose come stanno!

 

Prima di tutto desidero affrontare cosa significa per me il Radical Feminism, in relazione al mio ruolo di attivista abolizionista e, da un punto di vista emotivo, in quanto sopravvissuta al mondo della prostituzione.
Tre anni fa iniziai a scrivere su giornali e blog sotto lo pseudonimo di FreeIrishWoman. Ho notato che i miei scritti venivano largamente diffusi e condivisi da un particolare gruppo di femministe: le femministe radicali. Le storie che raccontavo erano sulle esperienze di una senzatetto, socialmente rinnegata, una prostituta di appena 15 anni, mi sarei aspettata la solidarietà di tutta la comunità femminista. Per fortuna non ero totalmente all’oscuro delle divisioni tra coloro che si definivano femministe, altrimenti sarebbe stato scioccante scoprire che, mentre le mie parole e le mie esperienze venivano condivise dalle femministe radicali, allo stesso tempo venivano ridicolizzate e contestate in merito alla loro autenticità, da coloro che si definivano femministe liberali.
Il femminismo liberale – che sostiene che qualunque cosa faccia una donna è un modo per emanciparsi, purché non abbia una pistola puntata alla tempia – mi è sempre sembrato come un cumulo di scemenze, quindi non posso dire che fossi delusa. Ferita sì e soprattutto irritata. È sia irritante che traumatico per me sapere che c’è un intero esercito di giovani donne bianche, socialmente privilegiate che parlano della prostituzione come un simbolo di emancipazione femminile. Ciò che fanno è emettere delle valutazioni su esperienze che non hanno mai vissuto in prima persona, potendo trascorrere anni a studiare per tenersi lontane da quelle classi sociali le cui donne più facilmente rischiano di fare quel tipo di esperienze, hanno deciso che è una cosa innocua, sicura, nonostante le evidenti prove di quanto possa essere dannosa come esperienza, è per me la forma più ripugnante di ipocrisia.

Talvolta, noi che raccontiamo la verità su cosa sia il commercio globale del sesso ci troviamo vicine alla disperazione, schiacciate sotto il peso dell’opinione pubblica prevalente, immersa nell’ignoranza; sia intenzionale che casuale, in oblio, talvolta istintivamente innocenti, e quando lo sono appare molto più frustrante. Siamo consapevoli di come gli interessi del patriarcato siano al servizio dell’esistenza stessa del commercio globale di sesso e dell’annientamento di innumerevoli vite di donne che si spengono in questo modo. È irritante, pertanto, per tutte noi, ascoltare le femministe liberali che sulla scia del modello patriarcale, ci vogliono vendere l’idea che il nero sia bianco, ribaltando la frittata, e che la schiavitù possa essere liberazione. Confondere il consenso con la liberazione è l’attività di coloro che non sanno che l’oppressione non può funzionare senza di esso. Ma il consenso all’oppressione, il consenso sotto costrizione non è consenso vero e proprio. La coercizione stessa ha trasformato il consenso in qualcosa di diverso e lo ha allontanato dalla sua vera natura. Il consenso sessuale vero non è realizzabile in questo caso. Il consenso sessuale può esistere solo al di là delle regole del commercio; è qualcosa che esula dalla vendita e dall’acquisto. Tuttavia, l’abuso sessuale ha spesso un prezzo e quando ciò accade, noi lo chiamiamo prostituzione.

Sono stanca dell’ignoranza delle donne che non comprendono questo aspetto, ma sorprende qualcuno il fatto che queste donne siano, come ho già detto, bianche, privilegiate e giovani? Dubito che qualcuna delle donne qui presenti si sorprenda di questo dato, perché le persone socialmente privilegiate sono lontane dal tipo di vita di coloro che sono socialmente emarginati, questo è ovvio per chiunque abbia un briciolo di buon senso.

Riconosco che siamo stanchi, frustrati e infuriati, a ragione. Ogni volta che parliamo apertamente, fanno di tutto per chiuderci la bocca. Abbiamo avuto degli esempi nelle ultime settimane. Mentre parlo, ci sono delle fools che lanciano petizioni contro questa conferenza da Edimburgo a Brighton e viceversa. Il consiglio più gentile che posso fare a costoro è di andarsi a rileggere il significato del termine femminista. Naturalmente, dovrei anche consigliargli di ignorare il risultato di tale ricerca, in quanto in molti dizionari il femminismo è trattato come una questione di uguaglianza sessuale, che è come mettere il carro davanti ai buoi. Una donna che crede nell’uguaglianza sociale, economica e politica tra i sessi non è femminista, ma una utopista. Noi non viviamo in quel mondo, noi non abbiamo uguaglianza, e come molte femministe radicali sanno, un prerequisito dell’uguaglianza è lo smantellamento della supremazia maschile. Come prima cosa dobbiamo essere liberate da questo. Allora e solo allora potremo vivere le nostre vite come eguali.

La semplice crudeltà della posizione delle femministe liberali è qualcosa, che a quanto pare, sfugge anche a loro. Il loro atteggiamento è come se dicesse a tutte le sopravvissute che ogni stupro che hanno subito non importa, che ogni sorta di violenza sessuale rientra nei rischi della professione e che gli stupri di gruppo non sarebbero accaduti se ci fosse stata una legislazione ad hoc che li vietava. Bene, ho una notizia per loro: in Germania sono di gran moda i pacchetti che offrono stupri di gruppo e i bordelli a tariffa forfettaria. Per chi non sapesse di cosa si tratta, i bordelli a tariffa forfettaria sono come dei buffet della prostituzione. Gli uomini pagano una “tariffa flat” e possono utilizzare il corpo delle donne per tutto il tempo in cui sono umanamente in grado di reggere. A volte sono associati a pacchetti di stupro di gruppo, per cui cinque, sei o sette uomini arrivano al bordello insieme, pagano la tariffa flat e abusano di una donna fino a quando lei riesce a malapena a stare in piedi. Mi sono arrivate foto scattate nei bordelli tedeschi. Erano di una ragazza di 19 anni, incinta di 7 mesi, stuprata da una mezza dozzina di uomini. Questo è il vero volto del commercio di sesso regolamentato, per cui le femministe liberali combattono.

Qualcuno ha sostenuto, nel corso delle campagne contro questa conferenza, che sto mettendo in pericolo la vita delle donne che si prostituiscono. È significativo come la profondità della loro incomprensione emerga dalle accuse che mi rivolgono. Quando mi prostituivo c’era solo un gruppo di persone che mettevano in pericolo la mia vita e non erano di certo le abolizioniste; erano i clienti; quei clienti che non avranno mai un pompino da quelle femministe liberali che difendono e sostengono i diritti di questi uomini ad avere pompini da altre donne; donne senza risorse economiche, svantaggiate dal punto di vista dell’istruzione, socialmente svantaggiate e emarginate. Dove pensiamo di andare con tutti questi ostacoli? Cosa facciamo con tutta la rabbia inevitabile, una reazione umana intrinseca all’ingiusta accusa di essere definite bugiarde, quando stiamo raccontando la verità? La prima cosa che mi preme dirvi per incoraggiarvi: questa situazione non durerà per sempre. La stessa ipocrisia delle femministe liberali sarà la rovina delle loro argomentazioni. La dottrina secondo cui l’emancipazione può scaturire anche da questo tipo di esperienze (che noi combatteremo con le unghie e con i denti per evitarcela) ha una scadenza. Quale può essere il senso di una cosa che ha una data di scadenza? Per quanto popolare possa essere, permane il fatto che tale dottrina è destinata a deperire – stile Emperor’s New Clothes. In questi ultimi anni mi ha confortata molto (specialmente negli ultimi 18 mesi da quando il mio libro, Paid for, è stato pubblicato) non solo dalle verità che ho raccontato io, ma anche da quelle raccontate da tante altre donne che non hanno vissuto queste esperienze ma le hanno fatte conoscere. Sono confortata dal fatto che sorgono continuamente nuovi movimenti abolizionisti, anche laddove non esistevano, ho notato che laddove è avvenuto un rafforzamento dell’abolizionismo, si sono verificate delle collaborazioni tra movimento abolizionista e movimento femminista radicale, o quanto meno una forte adesione dell’abolizionismo ai principi del femminismo radicale.

La verità è che le femministe radicali stanno dal lato giusto della storia, sono le uniche femministe che hanno il quadro completo, e ne conoscono le ragioni. Le femministe socialiste hanno il mio rispetto, ma non hanno ben chiaro il quadro completo. La prostituzione non esiste come conseguenza della privazione dei diritti economici delle donne. La povertà è un fattore di sostegno. Non la causa. I fattori di sostegno non sono le cause di un fatto. Sono semplicemente dei fattori che supportano un fenomeno. La prostituzione esiste per un solo motivo: il motivo è la domanda maschile. Nessun grado di povertà da solo sarebbe in grado di generare la prostituzione, se non esistesse la domanda di sesso da parte degli uomini.

Oggi chiedo a tutte le donne presenti sostegno e collaborazione nella lotta contro questo flagello che pesa quasi esclusivamente su ragazze e sulle donne. Noi dobbiamo combattere questo (flagello), non strappandone le foglie, non potandone i rami e nemmeno tagliandone il tronco, dobbiamo sradicarlo partendo dalle sue radici. Per quanto questa impresa possa sembrare ardua e scoraggiante, abbiamo già gli strumenti per realizzarla. Per fortuna non siamo totalmente confuse come le femministe liberali, né zoppichiamo nel comprendere come le socialiste. Noi sappiamo che la prostituzione è sia una conseguenza che un emblema della subordinazione delle donne, la comprensione di questo è il punto di partenza da cui partire per smantellarla. È molto importante non cedere mai in questa battaglia. Non dobbiamo mai cedere alle tattiche delle lobby pro-prostituzione, la prima delle quali è far finta che la prostituzione non sia una questione morale. Permettetemi di dire a voi e a tutto il mondo: puoi essere dannatamente certo che la prostituzione sia una questione morale, i diritti umani lo sono sempre.

Secondo la lobby pro-prostituzione, gli abolizionisti sono impegnati in una “crociata morale” per liberare il mondo dalla prostituzione. “Crociata” è usata qui in termini dispregiativi e viene collegata alla morale in modo tale da conferirle un senso di scherno sprezzante. La morale in sé, ci viene detto, è qualcosa di negativo, infondato e pertanto sbagliato. Sinceramente la follia sta nell’affermare che discernere tra giusto e sbagliato sia una pratica errata, cosa che sembra sfuggire ad alcune persone.

Sono stanca di sentire persone che aprono le loro argomentazioni abolizioniste dicendo “io non sono una moralista, ma…” Siamo tutti moralisti, a meno che non siamo psicopatici, e da quando in qua la moralità è una parolaccia? La risposta è questa: la morale è diventata una parola sporca in quanto tipica di alcune persone che girano la testa dall’altra parte (facendo finta di non vedere, ndr) e fingono che la morale sia abrogata e senza valore in questi casi; e troverete, di volta in volta, che le persone che sposano quelle tesi stanno difendendo qualcosa di chiaramente sbagliato, pertanto la loro continua insistenza non dovrebbe avere alcuna chance.

Vi è un’altra affermazione senza senso, secondo cui chi si oppone alla prostituzione lo faccia sulla base di posizioni di tipo religioso, come se non esistessero atei dotati di senso etico. I principi morali che influenzano e governano la condotta umana spesso si fondano su un innato senso di cosa sia un comportamento umano dannoso o meno. La prostituzione è dannosa per la psiche umana a ogni livello concepibile; è proprio la sua dannosa e degradante natura che dà origine al senso immediato di opposizione che proviamo quando immaginiamo la prostituzione come un aspetto nella vita delle donne che amiamo (la sua natura dannosa rende inconcepibile accettare che la donna che amiamo si possa prostituire, ndr).
Cerchiamo pertanto di impegnarci sui seguenti punti: che la prostituzione esiste a causa della domanda di sesso maschile, che conosciamo perfettamente e non sarà scossa dal fatto che noi affermiamo quanto sia assolutamente sbagliata. C’è un motivo per cui dobbiamo combattere con costanza facendo perno su questi punti; il motivo è che i nostri avversari sanno che possiamo avere la meglio.

Lasciatemi ripetere che oggi sono qui a chiedere il vostro sostegno nella lotta contro la prostituzione. Questo è un invito all’azione. In tutta Europa, i nostri politici stanno iniziando a discutere sempre più spesso in merito di prostituzione, e proprio lo scorso febbraio il Parlamento europeo ha votato a stragrande maggioranza l’approvazione dell’Honeyball report, che richiede un’ampia adozione del modello nordico da parte dei paesi membri dell’UE. Quando i vostri politici ne parlano, sosteneteli; e se non ne parlano, incoraggiateli a farlo. Quando vi accorgete di una campagna abolizionista che viene lanciata – e ne vedrete sempre di più; il movimento abolizionista sta crescendo – per favore date una mano, donando il vostro tempo, le vostre energie e fatevi sentire.

Sto lavorando con il gruppo SPACE International. SPACE è l’acronimo di ‘Survivors of Prostitution-Abuse Calling for Enlightenment’. La nostra azione copre al momento 7 paesi e tutte noi stiamo facendo un enorme sacrificio per parlare pubblicamente delle violenze che abbiamo subito e delle nostre esperienze nel mondo della prostituzione. Abbiamo amici e alleati in diverse organizzazioni internazionali e stiamo guadagnando terreno, ma non possiamo fare tutto ciò senza il sostegno delle donne in pubblico. Vi invito a unirvi a RadFemUK o a gruppi simili, e di sostenere le loro azioni, condividendo e diffondendo i loro materiali e le loro campagne. Abbiamo bisogno di un’ondata di sostegno da parte delle donne, ma forse prima che ciò accada, abbiamo bisogno di ricordare che i corpi delle loro figlie sarebbero altrettanto graditi nei bordelli e nei quartieri a luci rosse così come lo sono stati i nostri, nel caso in cui le circostanze della vita dovessero portarle in quella direzione.
Rachel Moran

 

P.S.

Il titolo di questo post è tratto da una canzone di Mia Martini, scritta da Enzo Gragnaniello (qui, tutta da ascoltare).

L’immagine è tratta dalla copertina de La donna cannone di Francesco De Gregori.

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