A una manciata di giorni dalle elezioni europee, può tornare utile proseguire nell’approfondimento che avevo avviato in due precedenti articoli (qui e qui).
Quanto siamo al corrente di aspetti che ci riguardano direttamente e sui quali l’Unione europea sta lavorando?
Il 16 aprile scorso, la commissaria responsabile per l’Economia e la società digitali Mariya Gabriel e la commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere Věra Jourová hanno lanciato la campagna #DigitalRespect4Her al Parlamento europeo.
“I valori europei, come la dignità, il rispetto e la solidarietà, valgono anche online. Le donne dovrebbero sentirsi libere e tranquille di esprimere il loro punto di vista online e partecipare attivamente alla vita pubblica. Facciamo appello a tutti: cittadini, industria, società civile e responsabili politici dell’UE affinché collaborino per garantire il rispetto delle donne in Internet.”
La campagna è volta a sensibilizzare a proposito della violenza online e delle difficoltà affrontate dalle donne in particolare (minacce, stalking, intimidazioni, oggettivazione e quanto mina la loro professione, il loro lavoro o qualsiasi forma di presenza pubblica). Quante volte ci siamo autocensurate e siamo state scoraggiate dal partecipare a scambi online e dall’impegnarci in politica? Qualcosa che dovrebbe essere aperto a tutti/e, per le donne spesso diventano territori ostili e difficili da frequentare e da vivere.
Conosciamo quanto diffuso sia l’hate speech online, quanti comportamenti nocivi siano agiti sul web. I dati parlano chiaro:
- le statistiche internazionali mostrano che le donne hanno 27 volte più probabilità di essere molestate online;
- il 46,9% delle donne politiche di 45 paesi europei ha ricevuto minacce di morte, stupri e violenze durante la loro legislatura;
- quasi un terzo delle donne ha ridotto la propria presenza online dopo aver subito violenza online.
Nella realtà e nell’ambiente virtuale, in ogni spazio pubblico o privato, occorre lavorare per creare una cultura di rispetto e dignità per tutti e tutte. Questo vale per ogni tipo di discriminazione, sulla base del genere, etnia, credenze religiose o qualsiasi altra caratteristica personale.
Di recente in ambito europeo è stata riveduta la direttiva sui servizi di media audiovisivi (Direttiva 2018/1808), in chiave di protezione della cittadinanza da contenuti, che incitano all’odio o alla violenza per motivi di genere. La comunicazione e la raccomandazione della Commissione sulla lotta ai contenuti illegali online, invitano le piattaforme a trattare i contenuti illegali in modo più rapido ed efficiente.
La tecnologia può migliorare e semplificare tanto le nostre vite, ma non deve essere strumento e veicolo di odio e paura. Le parole possono essere pietre, indipendentemente dal luogo/modalità in cui vengono pronunciate.
Le molestie online generano materiale digitale permanente che può essere ulteriormente diffuso e che è difficile da cancellare. L’Italia a riguardo, ha di recente colmato la lacuna legislativa in merito al revenge porn.
La violenza, il sessismo online possono causare danni psicologici, fisici, sessuali ed economici. Mettere a tacere, silenziare le donne e ridurre la loro presenza online sono sintomi di quanto ancora sia squilibrata e discriminante la nostra società in termini di genere.
L’autocensura può limitare la partecipazione delle donne ai dibattiti sociali, la loro influenza in politica e mettere a repentaglio i processi della democrazia rappresentativa. Naturalmente, questo vale sia per il reale che per il virtuale.
Non si tratta solo di personaggi pubblici o rappresentanti istituzionali, ma riguarda tutte le donne.
Al di là delle iniziative a livello europeo, occorre che in ciascun paese si comprenda l’esigenza di avviare percorsi educativi, nelle scuole di ogni ordine e grado, che permettano un uso più consapevole del web, dei social, che consentano di diffondere strumenti interpretativi e di analisi di ciò che i media veicolano, per sviluppare un pensiero critico e non passivo di fronte a tanti contenuti in cui veniamo frullati. Per costruire relazioni e identità di genere paritarie, inclusive e positive.
Naturalmente, si tratta di avviare laboratori e progetti strutturati, che implicano una interazione elevata e soprattutto occorre che tutti i soggetti coinvolti (dalla dirigenza, alla classe insegnanti e studenti) siano consapevoli del fatto che si devono mettere in discussione molte abitudini, pregiudizi e stereotipi culturali tossici, sedimentati negli anni. Non è una passeggiata e implica uno sforzo, in primis a partire da sé.
Parliamo anche di questi aspetti, perché l’operazione marginalizzazione delle questioni di genere che riguardano le donne non è più accettabile. Questi aspetti che dovrebbero essere al centro del dibattito sono considerati secondari, scarsamente portatori di consensi. Ecco, che invece, per quanto mi riguarda, pretendo che si cambi rotta e che si dia spazio alle donne nelle agende politiche nazionali ed europee. Ci siamo stancate di essere considerate buone solo come portatrici di voti e preferenze, quando non ci ascoltate mai e non ci considerate delle interlocutrici di valore.
Per approfondire su “Il potere delle donne in politica”, un dossier del 7 marzo a cura della Camera.