Auspico che di fronte alla violenza contro le donne si riesca a mantenere un atteggiamento scevro da pregiudizi, intenti fuorvianti, spostamenti di significato e di focus.
Le vicende di stupri commessi da stranieri ci dovrebbero aiutare a capire la trasversalità della sub-cultura dello stupro e della violenza. Ci aiutano a capire che la violenza contro le donne è un fenomeno che appartiene a tutte le culture. Uomini di ogni censo, titolo di studio e nazionalità, con un unico denominatore comune: la cultura patriarcale, con la visione della donna che porta con sé.
“Lo stupro alle donne piace” è un’affermazione frutto di una mentalità purtroppo molto diffusa, tipica di un modello machista patriarcale che tutto può sui corpi delle donne, deumanizzate e oggettivizzate. Questa mentalità la troviamo dappertutto, basta leggere i commenti su certi gruppi MRA (men’s rights activism) o quello che scrivono alla presidente Boldrini. Basta ricordare certi epiteti e attacchi ricevuti come attiviste femministe.
Gli stupri di gruppo purtroppo non sono rari, dal massacro del Circeo fino al caso di Fortezza da Basso, con la sentenza che seguì, di cui parlai qui.
La sub-cultura alla base di simili comportamenti appartiene a un modello di società che fa fatica a rimuovere discriminazioni fondate sul genere e che sottovaluta i segnali, salvo poi cavalcarli in funzione razzista e populista. Oppure come ultimamente accade per colpire organizzazioni umanitarie e che cercano di fare inclusione e integrazione.
Certi episodi evidenziano bene cosa c’è alla base della violenza e come ci siano degli elementi comuni tra tutti coloro che la commettono. Non è che il patriarcato e il maschilismo siano roba tipica solo di alcuni paesi e altrove non ve ne sono tracce. La violenza commessa non è roba estranea all’uomo, anche chiamarli animali sposta altrove l’attenzione e le responsabilità. Questi sono esseri umani al 100% portatori di una sub-cultura per cui la violenza contro le donne è una cosa normale e legittimata nei secoli. Sono uomini comuni, vicini di casa, amici, partner, familiari. Parlare di bestie significa spostare il focus e la realtà. Lo stesso quando si parla di “follia” alludendo a patologie psichiatriche, ci si allontana dall’idea che la violenza ha radici molto più comuni e non necessariamente patologiche, quasi a voler giustificare i suoi atti.
La violenza non dovrebbe avere mai alibi e giustificazioni, un uomo deve imparare a capire che la donna non è un oggetto alla sua mercé.
Non permettiamo che la violenza contro le donne sia strumentalizzata per altri fini e si finisca col perdere la matrice della violenza contro le donne, basata sulla differenza di genere.
Un NO è un NO. Chiunque commetta violenza non si deve sentire legittimato o restare impunito, pensando di trovare scorciatoie e riduzioni di pena.
Iniziamo a cambiare la cultura insieme e lavoriamo su una giustizia piena e certa. Ma soprattutto non lasciamo sole le donne che subiscono violenza.
La violenza di genere è una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne che comprende tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica – comprese le minacce di compiere tali atti – la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.
(Convenzione di Istanbul, 2011)
Avevo pubblicato questo post inizialmente solo sul mio profilo Facebook. Trovo opportuno non perderlo nel flusso dei social e renderlo disponibile anche nel mio blog.
Sempre sul tema:
la violenza maschile sulle donne esiste in ogni cultura ma diciamo che una società laica ha più strumenti per combatterla
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