Un bilancio sulla condizione femminile in Italia, tra ruolo di cura e di assistenza e gli impegni lavorativi.
Passata la festa della mamma, torniamo a tuffarci nella routine e sulla consueta linea di galleggiamento.
Prima di perdere di nuovo di vista la vita di tante donne, desidero soffermarmi sull’ottimo lavoro di Giovanna Badalassi e Federica Gentile per il report 2017 “Le equilibriste – la maternità tra ostacoli e visioni di futuro” di Save the children.
In Italia è confermato il trend dell’età del primo figlio: 31,7 anni contro la media europea di 30,5 anni. Il tasso di fecondità italiano è di 1,35 figli per donna contro la media europea di 1,58. Il contesto in cui questa tendenza si consolida non è chiaramente dei più sani.

Fonte: report 2017 “Le equilibriste – la maternità tra ostacoli e visioni di futuro” di Save the children.
Tra i 25 e i 49 anni nel 2015 il tasso di occupazione in Italia raggiungeva il 57,9% (nella stessa fascia gli uomini erano il 77,9%). L’Italia si colloca alla 27ma posizione su 28 (l’ultima è la Grecia). Il loro tasso di occupazione diminuisce progressivamente al crescere del numero di figli: “dal 62,2% del tasso di occupazione delle donne senza figli tra i 25 e i 49 anni, si scende al 58,4% delle donne con un figlio, al 54,6% delle donne con due figli, al 41,4% delle donne con tre e più figli.”
Tra i 25 e i 44 anni le donne dedicano al lavoro domestico 3,25 ore al giorno, contro 1,22 degli uomini; così come il lavoro di cura dei familiari, soprattutto figli tra 0 e 17 anni (2,17 ore le donne contro 1,29 degli uomini). Certo la situazione migliora, ma qualcosa non gira ancora nel verso giusto.
In termini di qualità della vita per le mamme al vertice della classifica si confermano il Trentino Alto Adige, la Valle d’Aosta, l’Emilia Romagna la Lombardia.
Ci dicono che dobbiamo far figli per far crescere il Paese, che invecchiando ha sempre meno parti della popolazione attiva. Ma chi nel frattempo si occupa di assicurare o far crescere il benessere di chi deve fare il genitore?
“Le famiglie e, all’interno di queste, le mamme avranno sempre maggiori difficoltà in futuro a sostenere, così come succede oggi, la cura dei figli, degli anziani, e al contempo produrre un reddito familiare adeguato per il sostentamento della famiglia: troppi e troppo intensi sono i cambiamenti sociali ed economici che obbligano ad un ripensamento del nostro modello di welfare”.
Il doppio reddito che oggi è indispensabile per mantenere adeguatamente una famiglia e non essere a rischio povertà, in realtà è sempre più simile a un reddito e mezzo o un quarto. Sì perché per poter gestire tutto il lavoro non retribuito qualcuno deve contrarre il proprio orario di lavoro retribuito.

Fonte: report 2017 “Le equilibriste – la maternità tra ostacoli e visioni di futuro” di Save the children.
Almeno che il proprio lavoro non riesca ad avere livelli di retribuzione talmente elevati da poter restribuire a nostra volta una persona che si occupi in nostra vece della cura della casa, dei figli e dei genitori. Perché se vogliamo essere oneste e sincere, dovremmo riflettere su quale percentuale di donne che si avvale di un aiuto (badante, colf o tata) assume regolarmente queste persone. Perché il nocciolo della questione sta proprio qui. Il rischio di un vortice, con ricadute negative, che si ripiega su se stesso è elevato, troppo. Le discriminazioni anziché ridursi si autoalimentano. Il cambiamento parte da qui. Perché dobbiamo chiederci a che prezzo è possibile lavorare, se il welfare familiare deve essere costretto a supplire la mancanza di interventi strutturali e in ottica di medio-lungo periodo.
La presenza delle donne nel mondo del lavoro non può essere supportata attraverso la politica dei bonus, di interventi emergenziali o una tantum che lasciano grossi buchi e che non riescono a garantire servizi su tutto il territorio (si pensi al tempo pieno e alle mense scolastiche, che a volte sono di qualità non soddisfacente). Siamo di fronte a sfide culturali, politiche, di investimenti pubblici che anziché sprecare risorse in termini autopromozionali/elettorali immediati, dovrebbero preoccuparsi di non creare ulteriori distanze tra chi può permettersi una qualità della vita buona e soddisfacente e la sempre più consistente porzione di chi deve rinunciare man mano a diritti, garanzie, servizi, sostegni e futuro. Non facciamo figli e nel rispetto di questa scelta chi ci governa deve porsi le giuste domande e non scaricare su di noi e fustigarci. È una questione di orizzonti e scelte di vita. È una questione di prospettive e di clima. È una questione di fiducia e la fiducia non la compri con una manciata di euro. Le donne sono una forza sociale determinante, che facciano o meno figli. Ve ne dimenticate troppo spesso, salvo due o tre giorni l’anno, salvo elezioni.
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