Solitamente l’8 marzo, Giornata internazionale della donna, è tempo di bilanci sulla condizione femminile. Non è la “festa”, perché come recita una efficace vignetta di Anarkikka, dovremmo lottare e dire “Smettetela di farci la festa“. E di motivi per lottare ce ne sono tanti.
Parlare di pari opportunità, diritti delle donne è purtroppo rimasta una pratica marginale, di secondo livello rispetto ai temi alti della Politica, con la P maiuscola. Ma vedremo perché in realtà una politica che ci volta le spalle è una politica minuscola. E siamo stufe di una politica che fa finta di ascoltarci e poi ci ignora e ci sottrae spazi e diritti.
Se in Italia, come in altri Paesi, le donne e le loro istanze restano sempre secondarie, se non c’è reale ascolto e valiamo come mere produttici, riproduttrici e consumatrici, mai come esseri umani meritevoli di diritti e tutele piene, allora ci fermiamo. L’8 marzo deve rendere plastico il vuoto lasciato dalle donne, che si astengono dai ruoli e compiti loro assegnati e rivendicano una vita libera da ogni forma di violenza, rivendicano un patto di dignità e di rispetto. Senza di noi gli ingranaggi della comunità e dell’economia si fermano. Rivendichiamo una parità che non c’è. Perché vogliamo riprenderci i nostri spazi, cambiare l’assetto di una società che non ci permette un pieno sviluppo e una piena libertà. Vogliamo agire per trasformare l’esistente che ci vuole sottomettere e cancellare, che ci vuole incatenate in ruoli e stereotipi, che ci vuole subordinare e annientare attraverso la violenza machista e sessista. Vogliamo che questo 8 marzo espliciti che le vite delle donne hanno un valore e pretendiamo che sia rispettato sempre e in ogni situazione. Ah, le vite delle donne tutte, non solo delle donne che vivono una esistenza “fortunata”, ma soprattutto di coloro che continuano a faticare per i propri diritti e per una esistenza dignitosa. Non una di meno. Con la speranza e l’auspicio che nessuno strumentalizzi impegno e lotte. Senza lasciare indietro nessuna donna.
Eppure sappiamo quanti vantaggi ne trarrebbe il nostro Paese da una efficace introduzione di una prospettiva di genere in tutte le politiche pubbliche. Perché amministrare non sia una faccenda dal colore neutro, un grigio manto che appiattisce ogni approccio e soluzione.
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