Lo abbiamo letto nel report del McKinsey Global Institute dal titolo The power of parity: la parità di genere potrebbe contribuire con 12 trilioni di dollari al PIL mondiale da qui al 2025, ossia l’11% in più di quanto succederebbe con uno scenario ordinario. Non si tratta solo di spingere verso la parità nel mondo del lavoro, ma di creare le condizioni perché si abbia un riequilibrio sociale uomo-donna. Per raggiungere questo obiettivo si dovrebbe investire sulle seguenti aree: istruzione, pianificazione familiare, salute materna, inclusione finanziaria, inclusione digitale e previdenza sanitaria con congedi per malattia retribuiti.
L’incremento della spesa annuale ammonterebbe a 1,5/2 trilioni di dollari entro il 2025, un aumento del 20-30% degli investimenti. Non poco, si potrebbe dire, ma si avrebbero delle ricadute ben più ampie su tutta la popolazione e sul PIL. Ce lo ripetiamo da tempo. Una litania che non si riesce a tradurre in fatti. Da qualche parte si deve iniziare a invertire la rotta.
Per colmare il gap di genere ci vuole volontà politica. Se non si colma è perché chi cerca di portare avanti politiche di parità viene marginalizzata. Perché questi temi vengono avvertiti sempre come secondari, roba da donne. Invece è roba che riguarda tutta la popolazione, l’intero Paese. Se continuo a portare avanti certe battaglie è per dare testimonianza che c’è un modo altro di intendere le priorità e risolvere i problemi. Sinché continueremo a non avere uno sguardo d’insieme sulle questioni, brancoleremo nel buio e annasperemo nel fango. Esistiamo anche noi donne e non potete relegarci sempre a fondo pagina dell’agenda politica. Non potete abbandonarci a un destino secolare, perché così è stato e sempre sarà. Noi quello spazio ce lo prendiamo e dovrete ascoltarci prima o poi. Noi continueremo a martellare sempre su certi tasti, sino ad avere le risposte che tutta la comunità di uomini e donne merita. Non si esce dal pantano a pezzi, ma tutti insieme.
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