A tutt* coloro che hanno chiesto alle femministe di esprimersi all’indomani di Colonia, cercando di imporre loro le parole d’ordine da adoperare per l’occasione, noi abbiamo risposto e continuiamo a rispondere con le nostre parole, con le nostre riflessioni e le nostre idee, perché le questioni sono ben più ampie della rappresentazione sinora allestita e i nostri corpi non dovranno mai diventare il terreno di strumentalizzazioni in chiave xenofoba.
Noi ci stiamo ad unirci alle numerose voci di donne che il 4 febbraio si incontreranno e manifesteranno in luoghi e città diverse per parlare di violenza sulle donne, contro ogni sessismo, perché innanzitutto c’è la difesa e l’affermazione della nostra inviolabilità. Non ci può, però, essere piena ed effettiva libertà se i nostri diritti vengono soffocati, negati, sminuiti, sottoposti a riduzioni e a condizioni inaccettabili. MOBILITIAMOCI
L’avevamo scritto a novembre, come Noi non ci stiamo sulla nostra pagina Facebook, lo abbiamo manifestato in piazza Cordusio a novembre, la violenza ha varie sfaccettature, e dobbiamo evidenziarle tutte, senza omissioni, raccontando ed esaminando la condizione femminile in un Paese certamente non all’altezza di corrispondere ai suoi bisogni. Dobbiamo capire le interconnessioni tra i fenomeni che affannano e affliggono le nostre esistenze e lavorare per rimuovere gli ostacoli a una vita pienamente dignitosa, serena, libera da ogni forma di violenza e di sopruso. RACCONTIAMOCI
Per questo noi ci stiamo, purché il 4 febbraio sancisca una ripartenza che dia anima e corpo ad una riflessione e ad un lavoro condiviso e collettivo rivolto al futuro, per concretizzare i nostri obiettivi e le nostre istanze più urgenti. Da questa data occorre guardare avanti, per riportare le nostre voci e le nostre azioni in primo piano, per essere spinta propulsiva ad un ritorno forte verso una elaborazione collettiva di lotta e di rivendicazione. Elemento imprescindibile per ripartire dovrà essere l’ascolto reciproco per tornare ad avere un ruolo politico, di pressione e di proposta su modelli alternativi. Per tornare in modo nuovo a farci sentire, a riprendere la parola, a rivendicare altri spazi di azione e cambiamento. ASCOLTIAMOCI
Le idee ci sono, basta avere il coraggio di cambiare il paradigma, anziché rassegnarci e pensare che tutto sommato la parità e la libertà siano state raggiunte e che tutto vada per il meglio. La violenza domestica e nei luoghi pubblici è solo la punta dell’iceberg di un sistema di sopraffazione e sottomissione più ampio e radicato, il patriarcato universalmente diffuso. Ognuna di noi sperimenta sulla propria pelle la lesione dei diritti e la violazione della dignità in quanto esseri umani pari all’altro genere. Quotidianamente dobbiamo denunciare e lottare contro le discriminazioni sul lavoro, le violenze psicofisiche, le tirannie di un sistema di produzione e riproduzione maschiocentrico, la schiavitù derivante dalla precarietà e dall’assenza di protezioni. IMPEGNIAMOCI
Quasi assuefatte all’assenza di ascolto da parte delle istituzioni e alle carenze di una politica che si faccia responsabilmente carico delle nostre istanze, continuiamo a rivendicare a viva voce per la violenza subita. Annientarci non servirà a fermarci o a farci tornare indietro. Ossia la precarietà lavorativa impostaci, i diritti negati subiti, l’assenza di una educazione sessuale, alla parità di genere e all’affettività “obbligatorie” nelle scuole, la 194 disapplicata, i servizi ed il welfare ridotti al minimo, le donne in povertà, il lavoro non retribuito ed il part-time forzato, il diritto alla salute sempre più rarefatto, il nostro desiderio di maternità strozzato nelle pieghe di mille difficoltà quotidiane, la discriminazione sul luogo di lavoro. E, non ultimo per rilievo, l’assenza di un dicastero dedicato ai nostri diritti, che faccia da garante e da indirizzo politico all’individuazione di misure che consentano alle donne italiane di non vivere sempre nell’incertezza del futuro, non avere una casa, non scegliere liberamente perché schiave di un mercato che le vuole ancora merce e welfare gratuito. RIVENDICHIAMO
Spesso siamo lasciate sole e senza sostegni di fronte a situazioni difficili, viviamo in condizioni di diritti negati e ridotti, tutte noi siamo precarie in vari modi. Ogni tanto guardare le cose dal basso è necessario perché, mettendoci nei panni di coloro che non hanno voce, potere, indipendenza e alternative concrete, non solo ne interpretiamo i bisogni e ne tuteliamo i diritti ma comprendiamo anche la natura vera dei problemi. Poniamoci in una simile modalità di interazione e conseguente proposta politica, cercando di non lasciare indietro nessuna di noi proprio grazie ad una rete in grado di fare massa critica periodicamente su queste dolorose ferite. Altrimenti non si sposta e non si smuove nulla. INTERAGIAMO
Torniamo a fare insieme politica, che significa costruire, compartecipare, ma avere anche il coraggio di esprimerci liberamente, fuori dal coro, quando constatiamo che chi è delegato a tutelare i nostri diritti non lo fa. Ne siamo capaci, perchè è la nostra stessa vita che ce ne offre rilevanti spunti di proposta. Iniziamo, per esempio, da questioni concrete come il costante ed evidente ritiro dello Stato dal welfare, che dà per scontato che siano le donne a farsi carico di questa mancanza e che continuino a sostituirlo, con le note ricadute negative su noi stesse. Iniziamo a sradicare questi automatismi e a lottare perché la storia cambi. OCCUPIAMOCENE
Questo implica un capovolgimento di tutte le relazioni, dei contrappesi e delle variabili di riequilibrio. Il femminismo è rielaborazione di soluzioni, mira a una emancipazione reale e non fittizia, illusoria. Senza il femminismo saremmo ancora all’anno zero, non dimentichiamocelo mai. Le elaborazioni teoriche le dobbiamo mettere in pratica, ma se continuiamo a lamentarci e basta, non andremo avanti. Dobbiamo imparare a fare rete e squadra, e a non delegare, affidandoci alla prima che sostiene di curare le nostre istanze, dobbiamo rimboccarci le maniche. Basta rimuginare, o lamentarci delle “mancanze” delle donne, dobbiamo essere interlocutrici attive e capaci di rompere schemi atavici. ADELANTE
Penso che il concetto principale e che quelli sono stati dei criminali e che i criminali al di la se sono stranieri e autoctoni devono essere perseguiti per legge e pagare per i crimini che hanno commesso spero che anche tu la pensi cosi.
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