Risoluzione del Parlamento europeo dell’8 ottobre 2015 sull’applicazione della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (2014/2160(INI)).
Questo il nuovo capitolo dell’UE in materia di pari opportunità e parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego. Ne avevo già ampiamente parlato qui.
Il gender pay gap arriva a una media del 16,4% (con distanze anche notevoli tra i diversi Stati membri), ancor più preoccupante è il divario pensionistico (che è una diretta conseguenza del divario retributivo) che giunge a una media europea del 38,5%.
Il parlamento europeo invita la Commissione a procedere a una profonda revisione della direttiva del 2006, che giunga a formularne una ex novo e, contemporaneamente, invita gli Stati membri e la Commissione ad avviare una serie di iniziative per contrastare e “risolvere” il divario retributivo e il divario di trattamento tra uomini e donne in UE.
Si parla chiaramente di trasparenza, per cui si propone la creazione di un sistema di valutazione e di classificazione professionale chiaro e neutrale rispetto al genere. La trasparenza è declinata anche in termini di salari e della necessità di una definizione di criteri chiari per misurare il valore del lavoro, affinché a parità di mansioni si abbia pari retribuzione.
A tal proposito l’Istituto Europeo per l’Eguaglianza di Genere (EIGE) è pronto a lanciare un nuovo database eige.europa.eu/sites/default/files/documents/MH0214932ENN.pdf che funzionerà come punto d’accesso unico a tutte le statistiche di genere per l’UE e i singoli Stati membri. Includerà dati su mercato del lavoro, situazione economica e finanziaria di donne e uomini, uso del tempo, istruzione e formazione, violenza basata sul genere. È pronta anche una nuova piattaforma sul mainstreaming di genere, con informazioni pratiche e strumenti per introdurre l’ottica di genere nel lavoro delle istituzioni e degli organismi decisionali.
La risoluzione non legislativa, che richiama l’importanza di una rappresentanza equilibrata di genere negli organi amministrativi delle aziende, invita la Commissione a introdurre audit salariali obbligatori per le società quotate in Borsa negli Stati membri dell’UE, e a introdurre sanzioni contro le imprese che non ottemperino alle loro responsabilità in merito alla parità di genere. Un bel “disturbo” per l’attuale gestione fantasiosa delle retribuzioni.
La risoluzione cerca di dare anche un calcio agli stereotipi, incoraggiando campagne di sensibilizzazione destinate a tutte le classi sociali, con un maggiore coinvolgimento dei media, strategie per scongiurare la segregazione professionale delle donne e incentivare scelte aperte in merito al lavoro. Si auspica anche l’integrazione delle questioni di genere nell’istruzione e nella formazione professionale. Viene ribadito che l’emancipazione delle donne e delle ragazze passa attraverso l’istruzione.
Si invita gli Stati membri ad applicare attivamente il bilancio di genere contribuendo così al miglioramento della situazione delle donne sul mercato del lavoro; invita la Commissione a favorire lo scambio di migliori pratiche per quanto concerne il bilancio di genere.
Gli Stati membri dovrebbero intensificare gli sforzi per combattere il lavoro sommerso e precario; si “evidenzia l’elevato livello di lavoro sommerso femminile, che incide negativamente sul reddito delle donne, sulla copertura e sulla tutela previdenziale e si ripercuote negativamente sui livelli del PIL dell’UE; sottolinea la necessità di affrontare in particolare il lavoro domestico, svolto soprattutto da donne, considerandolo una sfida particolare, in quanto rientra principalmente nel settore informale, è singolarizzato e per sua natura invisibile, e richiede pertanto l’elaborazione di misure mirate per affrontare la questione in modo efficace; deplora inoltre l’abuso dei contratti di lavoro atipici, fra cui i contratti a zero ore, utilizzati per eludere gli obblighi in materia di occupazione e protezione sociale; si rammarica dell’aumento del numero di donne intrappolate nella spirale della povertà lavorativa”.
Si accenna al fatto che la Commissione debba introdurre controlli e standard comuni per garantire l’indipendenza e l’efficacia degli organismi nazionali per la parità.
Si invitano gli Stati membri a creare le condizioni per l’assistenza legale gratuita alle vittime di discriminazioni, insieme al divieto di qualunque discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, minoranze etniche, e a un richiamo per implementare politiche di conciliazione come leve per superare divari e discriminazioni.
Invita gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per invertire l’onere della prova, garantendo che spetti sempre al datore di lavoro provare che tali differenze di trattamento verificate non abbiamo generato alcuna discriminazione.
Insomma, si delineano interventi a più livelli, a 360°. Il lavoro da fare è tanto, e sarebbe ora che ci fosse anche un movimento delle donne che dal basso spinga affinché i decisori politici nazionali ascoltino e applichino questi suggerimenti europei. Altrimenti queste parole cadranno ancora nel vuoto. E sarà anche una nostra responsabilità diretta, con effetti devastanti non tanto su di noi, quanto sulle prossime generazioni, che man mano perderanno buona parte delle conquiste fatte, se nessuna di noi le difenderà. Per quanto tempo dovremo ancora sentirci dire che certe discriminazioni ce le dobbiamo combattere da sole, ognuna per proprio conto, chi può può, chi non ce la fa si arrangi? E ancora ci verrà consigliato di trovarci il marito ricco, come paracadute sociale ed economico. E ancora una volta come tante pecorelle ci convinceremo che questo è il nostro unico destino. Vantaggio per poche, baratro per tutte le altre. E nei salotti buoni ci si gingillerà con l’idea di essere grandi filantrope. Vi ricordate la mamma suffragetta dei bimbi del film Mary Poppins..? Dall’altra parte c’è un mondo in cui ci si sporca le mani, si fa fatica, si lotta, ci si espone anche in prima persona. Parlo per esperienza personale. Quando ci sveglieremo?