
Foto: Milano: manifestazione per raccolta di firme contro la violenza sulle donne. 1 Mar 1980. @http://cavicchioni.photoshelter.com/image/I0000upEk4xFtoGk
Questo post è per dirvi che il nostro percorso continua, con qualche difficoltà in più del previsto, ma continua. Ci sono un po’ di novità…
Pubblico un comunicato di Noi non ci stiamo per chiarire alcuni punti e allontanare un po’ di nubi che nel frattempo si sono formate attorno.
Abbiamo iniziato questo percorso non per sostituirci ad altre, ma per cercare di creare un tessuto di lavoro comune insieme alle varie componenti che oggi in Italia si occupano di violenza di genere, visto che proposte condivise in questi ultimi anni hanno stentato ad andare avanti. Tra i nostri intenti c’è principalmente quello di tentare di creare un modo nuovo di collaborare nell’affrontare i problemi, evidenziando cosa non va e proponendo specifici punti di intervento. Tra questi potremmo annoverare un uso delle misure cautelari/coercitive più idonee a evitare che uomini denunciati possano arrivare a gesti estremi o a perseverare in atti violenti. Per esempio potremmo chiedere che non manchino i fondi per dotare gli stalker dei braccialetti elettronici per verificare quando si avvicinano alle loro vittime. E poi dovremmo intervenire sulla preparazione e formazione dei giudici e degli attori coinvolti a seguito della denuncia di una donna. Infine, potremmo iniziare a chiedere un monitoraggio super partes su come vengono gestiti e distribuiti i pochi fondi messi a disposizione dall’ultimo Piano nazionale antiviolenza. Potremmo chiedere una verifica seria e indipendente dei soggetti beneficiari di questi fondi, per evitare che si assegnino risorse a realtà fittizie, messe in piedi unicamente per intercettare questi finanziamenti. Insomma, tutte e tutti noi dovremmo fare la nostra parte, senza paura di fare sgarbi a qualcuno di importante, senza paura di scoperchiare prassi insane. Perché se davvero vogliamo fare del bene alle donne, dobbiamo iniziare a far chiarezza, pulizia e chiedere che le norme trovino piena e corretta attuazione. Le donne vittime di violenza non hanno certo bisogno di ragionamenti clientelari o di piccole lotte per la spartizione della torta. Le donne vittime di violenza non possono attendere oltre, non possono essere vittime né dell’egoismo/autoreferenzialità di alcune parti né della strumentalizzazione di ciò che vivono sulla propria pelle. I ragionamenti sui massimi sistemi sono per loro natura lontani da una realtà che esige risposte concrete ai bisogni calpestati delle donne . Certo li possiamo fare, li vogliamo fare quei ragionamenti, ma noi attualmente dovremmo essere ovunque, tranne che in un luogo chiuso, anche in senso metaforico. Ci mettiamo a disposizione e offriremo il nostro contributo a qualsiasi iniziativa vada nella direzione di coniugare discorso teorico e pratica all’esterno. Se non incalziamo le istituzioni, nulla cambierà. Le elaborazioni concettuali non sono sufficienti, soprattutto oggi che non ci sono più quei soggetti collettivi che, forti delle loro ruolo sociale, fungevano da corpi intermedi con le istituzioni e garantivano una interlocuzione con esse in grado di rappresentare le aspettative delle donne italiane. Siamo convinte che il lavoro teorico possa andare in parallelo con l’azione pratica, solo a volerlo. Basta lavorare nella stessa direzione, andando incontro alle esigenze e alle istanze di genere provenienti dalle nostre comunità di riferimento. Collaborare per condividere un siffatto percorso si configurerà quale una ricchezza, non solo per noi che ci impegneremmo nella sua realizzazione, ma per le tutte donne che intendiamo rappresentare.
Guardando la foto del 1980, sembra passato un secolo. All’epoca stavo per compiere un anno, in così tanto tempo si sarebbero potute fare molte cose. In così tanto tempo avremmo dovuto restare vigili e continuare a “manifestarci” nelle piazze per rendere visibili i problemi. Qualcosa non è andato e man mano abbiamo perso l’abitudine a stare tra donne in luoghi e spazi aperti, non solo pubblici. Le quattro mura sono diventate la nostra corazza quotidiana, pensando che là fuori nessuna più fosse interessata a certi temi, a certe battaglie.
Boh, forse mi son persa qualcosa.
Per non perderci però l’esperienza fantastica delle nostre sorelle spagnole, Dale Zaccaria (http://www.womeninculture.eu/ http://www.dalezaccaria.com/) farà da filo conduttore con la Spagna del #YOVOY7N e ci racconterà cosa accadrà. Questo piccolo spazio ospiterà la cronaca di questo bel segnale di vita del femminismo. Con l’augurio che scocchi la scintilla anche da noi. La ringraziamo per questo dono che ci farà, portandoci un arcobaleno di idee e di proposte concrete.. perché la violenza contro le donne non può attendere. L’appello delle spagnole parla chiaro.
Si continua a lavorare e a ricevere contributi. Ringraziamo l’avvocata Roberta Schiralli che ha curato questa analisi sulla violenza di genere:
E Noi non ci stiamo ha creato una infografica esplicativa ad hoc:
Nell’ottanta, avevo venti anni. Quelle ragazze sono delle mie coetanee….. che fine abbiamo fatto? La stessa delle nostre mamme e delle nostre nonne.. 😦
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A volte la sensazione è proprio questa, ma ci sono momenti in cui sembra di poter cambiare qualcosa e di poterci risvegliare. Per molte giovani donne oggi è difficilissimo scorgere un orizzonte diverso ed essere consapevoli di se stesse e dei propri diritti, mancano luoghi aperti in cui condividere un percorso di presa di coscienza.
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Questo si, c’è un’assenza totale di spazi democratici, dove ti puoi incontrare confrontare, scambiare esperienze e opinioni. Questi spazi bisogna costruirli e difenderli.
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