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Un finale che non avremmo voluto vedere #Amnesty2015

su 12 agosto 2015

amnesty

 

Amnesty 2015. Alla fine è andata così. Lo staff di Amnesty brinda, ma è a dir poco macabro brindare in questa occasione. C’è poco da fare, hanno fatto un enorme pacco regalo all’industria del commercio di sesso in tutte le sue forme.

“The resolution recommends that Amnesty International develop a policy that supports the full decriminalization of all aspects of consensual sex work.”

Papponi e clienti inclusi. Altro che difesa dei diritti umani, qui gli unici ad essere difesi sono coloro che usano e vendono le donne.

Abbiamo la solita illusione secondo cui l’intento è di proteggere le persone che sono in prostituzione, per la maggior parte donne e bambine, sì proprio bambine:

“The policy will also call on states to ensure that sex workers enjoy full and equal legal protection from exploitation, trafficking and violence.”

Ma tutti noi sappiamo che nei paesi che hanno regolamentato, l’unico risultato evidente è stato quello di rendere più difficili se non impossibili le attività di contrasto allo sfruttamento, essendo diventato più complesso definire e provare lo stesso. Per non parlare del fatto che in Germania la tratta non si è arrestata, ma si è incrementata.

La prostituzione non è un lavoro, ma sfruttamento, di un corpo, di un bisogno di sopravvivenza. Non li si può definire servizi sessuali perché non c’è vera libertà di scelta, se dietro c’è un bisogno, la povertà, una violenza sin dalla più tenera età, una dipendenza da alcol o droga. Non si sta vendendo un servizio, qui in vendita ci sono degli esseri umani e questa è pura schiavitù. Se il risultato sono i disturbi post-traumatici da stress di cui le prostitute soffrono, mi spiegate perché sostenere che sia naturale tutto questo.

Perché non ci si impegna a sconfiggere questo mondo che usa le donne come oggetti di consumo, anziché preoccuparsi di “normalizzarlo”? E dato che i rapporti di forza tra clienti/papponi e donne in prostituzione non sono equilibrati, e gli uomini sono ancora una volta legittimati a usare, a comprare corpi per la loro sete di dominio, di violenza libera e senza confini, dovremmo immediatamente capire da che parte stare. Perché in tutta questa storia c’è solo un aspetto: con questa risoluzione si è voluta ribadire la legittimità di un controllo totale sulle donne, sulle prostitute considerate evidentemente sub-umane. Perché continuare a legittimare il fatto che ci siano donne con meno diritti, che gli uomini possono utilizzare liberamente? Questa non è la strada verso un mondo più equo, giusto, verso un’uguaglianza di genere piena, in cui tutti gli esseri umani possano godere degli stessi diritti e dello stesso rispetto.

Come giustamente rileva Meghan Murphy, l’uso del termine neutro “sex worker”, fa scomparire le donne, le persone in prostituzione, le fa diventare un gruppo marginalizzato unicamente per il fatto di essere sex workers, cancellando le motivazioni a monte per cui si è entrati in prostituzione, non considerando che all’origine di tutto c’è l’industria del commercio del sesso.

Le donne e le loro storie scompaiono, così come non si comprende più perché accade tutto ciò, viene cancellata la domanda e con essa anche l’industria che consente di soddisfarla. Lo sfruttamento nasce e prospera grazie a questi due fattori. Quindi lo sfruttamento lo si blocca e lo si riduce partendo proprio dalle origini. Non si liberano le donne omettendo che dietro la prostituzione ci sono questi attori. Come ho detto nei miei precedenti post, il termine sex worker è come un gran calderone che può includere qualsiasi cosa, compresi magnaccia, proprietari di bordelli, e dietro c’è la criminalità organizzata internazionale e locale e i trafficanti di esseri umani.

E se alla base c’è il bisogno, combattiamo la povertà, non “assolviamo” le abitudini malsane degli uomini e non li rendiamo benefattori. Le donne che scelgono la prostituzione non si arricchiscono e non escono dalla povertà, ci restano e mettono a rischio la loro salute fisica e psichica.

Continuiamo a informare e a diffondere consapevolezza su cosa sia la prostituzione e sfatiamo quotidianamente tutti i miti che vengono adoperati per legittimare questa forma di violenza e di schiavitù.

Mi associo all’abbraccio di Maria Rossi, al fianco di femministe, vittime di tratta e alle sopravvissute.

http://infosullaprostituzione.blogspot.it/2015/08/e-stata-approvata-dublinouna.html?spref=tw

 

Vi segnalo anche questa lettera di Angeles A. Auyanet ad Amnesty “The decriminalisation of buying sex harms all women (but especially poor women) and the ideal of gender equality”: QUI 


64 responses to “Un finale che non avremmo voluto vedere #Amnesty2015

  1. Generazione Admin ha detto:

    L’ha ribloggato su GENERAZIONE.

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  2. Akira Suzuki ha detto:

    Oh quindi le donne che scelgono consapevolmente questo lavoro non è vero che lo fanno perchè lo dici tu? Nel lavoro bisogna sempre fare le cose per qualcun’altro e alcune donne poi questo lo fanno per scelta visto che ad alcune questo lavoro piace

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    • simonasforza ha detto:

      Non lo dico. Dico che solitamente alla base c’è un bisogno, una diseguaglianza, una violenza pregressa. Non è quindi una scelta “piena” e libera davvero. Così come penso che la priorità ora sia aiutare chi scelta non ha e sono la stragrande maggioranza di coloro che sono in prostituzione. Su questo e su altri blog ci sono sufficienti testimonianze e dati che aiutano a capire perché questo non è un lavoro. Sul fatto che possa piacere… ti invito ad avere una decina di rapporti violenti e di tutti i tipi ogni giorno. Il mito che la prostituta possa scegliersi i clienti e il tipo di prestazioni è semplicemente una bella favola di chi su questo mercato schiavistico ci lucra.

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      • Akira Suzuki ha detto:

        Perchè rapporti violenti? Non è che tutti gli uomini che vanno a prostitute siano violenti e che ti piaccia o no può piacere o meno e che ti piaccia o meno amnesty ha scelto di tutelare tutte le prostitute che sono li per scelta o meno perché credo che sia difficile per quelle che sono veramente e ripeto Veramente vittime denunciare una situazione di schiaviutù se non hanno cavolo di diritto se vuoi aiutare le vittime dovresti essere felice che ora hanno più diritti e possono chiedere aiuto con più faciltà

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    • IDA ha detto:

      Non tutte lo scelgono, non a tutte piace. Perchè chi è costretta a prostituirsi non deve avere diritti? Prostituirsi è un diritto, certo, ma anche non prostituirsi è un diritto.

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  3. Ester Colombini ha detto:

    Sono veramente poche quelle che lo fanno per piacere proprio e per scelta. Tutte le altre hanno storie terribili alle spalle. Non vanno regolarizzate. Vanno liberate:dalla povertà,dallo sfruttamento,dalla droga e dall ‘alcol,dalle usanze. Soprattutto vanno liberate dagli uomini.

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  4. Ross ha detto:

    Vi trovo molto bigotte sinceramente… le vostre affermazioni “poche lo fanno perché vogliono” come lo sapete? Avete dati alla mano? Studi? O è solo il vostro provincialismo a parlare? Amnesty parla di consesual sex workers e poi aggiunge “The policy will also call on states to ensure that sex workers enjoy full and equal legal protection from exploitation, trafficking and violence.” Forse chi commenta non conosce l’inglese… confondete i livelli, parlate delle donne sfruttate e qui si parla di sex workers. Lo sfruttamento è un altro tema!

    Onde evitare attacchi chiarisco che sono ovviamente contro ogni tipo di sfruttamento e violenza! Specifico non si sa mai mi si accusasse di schiavismo!

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  5. […] viaUn finale che non avremmo voluto vedere #Amnesty2015. […]

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  6. manliok ha detto:

    Se dietro c’è un’industria allora sono operaie…

    Non sono solo donne, anche maschi, gigolò eterosessuali o gay, e donne transessuali….
    Non siete il centro intoccabile del mondo!

    Perché non fate aprire saune eterosessuali per libero scambio sessuale?

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  7. quark ha detto:

    Non mi risulta che la dott. Danna Daniela sia mai stata citata in questa discussione …

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  8. quark ha detto:

    In che senso è diverso ? E se avessi messo un nome diverso dal mio ? Quello che dici avrebbe senso se avessi offeso qualcuno e non voglio farmi riconoscere , ma ripeto , io non offendo nessuno e non ho bisogno di nascondermi dietro un nick . Se voglio scrivere il mio nome lo faccio , altrimenti metto un nick . Non vedo il problema . Ad ogni modo ci tengo a dirti che , nonostante non condivido nemmeno una virgola di quello che scrivi , apprezzo il tuo modo di porti nei confronti dei tuoi interlocutori . Non sempre è così

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  9. […] Un finale che non avremmo voluto vedere #Amnesty2015. […]

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