Amnesty 2015. Alla fine è andata così. Lo staff di Amnesty brinda, ma è a dir poco macabro brindare in questa occasione. C’è poco da fare, hanno fatto un enorme pacco regalo all’industria del commercio di sesso in tutte le sue forme.
“The resolution recommends that Amnesty International develop a policy that supports the full decriminalization of all aspects of consensual sex work.”
Papponi e clienti inclusi. Altro che difesa dei diritti umani, qui gli unici ad essere difesi sono coloro che usano e vendono le donne.
Abbiamo la solita illusione secondo cui l’intento è di proteggere le persone che sono in prostituzione, per la maggior parte donne e bambine, sì proprio bambine:
“The policy will also call on states to ensure that sex workers enjoy full and equal legal protection from exploitation, trafficking and violence.”
Ma tutti noi sappiamo che nei paesi che hanno regolamentato, l’unico risultato evidente è stato quello di rendere più difficili se non impossibili le attività di contrasto allo sfruttamento, essendo diventato più complesso definire e provare lo stesso. Per non parlare del fatto che in Germania la tratta non si è arrestata, ma si è incrementata.
La prostituzione non è un lavoro, ma sfruttamento, di un corpo, di un bisogno di sopravvivenza. Non li si può definire servizi sessuali perché non c’è vera libertà di scelta, se dietro c’è un bisogno, la povertà, una violenza sin dalla più tenera età, una dipendenza da alcol o droga. Non si sta vendendo un servizio, qui in vendita ci sono degli esseri umani e questa è pura schiavitù. Se il risultato sono i disturbi post-traumatici da stress di cui le prostitute soffrono, mi spiegate perché sostenere che sia naturale tutto questo.
Perché non ci si impegna a sconfiggere questo mondo che usa le donne come oggetti di consumo, anziché preoccuparsi di “normalizzarlo”? E dato che i rapporti di forza tra clienti/papponi e donne in prostituzione non sono equilibrati, e gli uomini sono ancora una volta legittimati a usare, a comprare corpi per la loro sete di dominio, di violenza libera e senza confini, dovremmo immediatamente capire da che parte stare. Perché in tutta questa storia c’è solo un aspetto: con questa risoluzione si è voluta ribadire la legittimità di un controllo totale sulle donne, sulle prostitute considerate evidentemente sub-umane. Perché continuare a legittimare il fatto che ci siano donne con meno diritti, che gli uomini possono utilizzare liberamente? Questa non è la strada verso un mondo più equo, giusto, verso un’uguaglianza di genere piena, in cui tutti gli esseri umani possano godere degli stessi diritti e dello stesso rispetto.
Come giustamente rileva Meghan Murphy, l’uso del termine neutro “sex worker”, fa scomparire le donne, le persone in prostituzione, le fa diventare un gruppo marginalizzato unicamente per il fatto di essere sex workers, cancellando le motivazioni a monte per cui si è entrati in prostituzione, non considerando che all’origine di tutto c’è l’industria del commercio del sesso.
Le donne e le loro storie scompaiono, così come non si comprende più perché accade tutto ciò, viene cancellata la domanda e con essa anche l’industria che consente di soddisfarla. Lo sfruttamento nasce e prospera grazie a questi due fattori. Quindi lo sfruttamento lo si blocca e lo si riduce partendo proprio dalle origini. Non si liberano le donne omettendo che dietro la prostituzione ci sono questi attori. Come ho detto nei miei precedenti post, il termine sex worker è come un gran calderone che può includere qualsiasi cosa, compresi magnaccia, proprietari di bordelli, e dietro c’è la criminalità organizzata internazionale e locale e i trafficanti di esseri umani.
E se alla base c’è il bisogno, combattiamo la povertà, non “assolviamo” le abitudini malsane degli uomini e non li rendiamo benefattori. Le donne che scelgono la prostituzione non si arricchiscono e non escono dalla povertà, ci restano e mettono a rischio la loro salute fisica e psichica.
Continuiamo a informare e a diffondere consapevolezza su cosa sia la prostituzione e sfatiamo quotidianamente tutti i miti che vengono adoperati per legittimare questa forma di violenza e di schiavitù.
Mi associo all’abbraccio di Maria Rossi, al fianco di femministe, vittime di tratta e alle sopravvissute.
http://infosullaprostituzione.blogspot.it/2015/08/e-stata-approvata-dublinouna.html?spref=tw
Vi segnalo anche questa lettera di Angeles A. Auyanet ad Amnesty “The decriminalisation of buying sex harms all women (but especially poor women) and the ideal of gender equality”: QUI