Un mio nuovo post per Mammeonline.net
Questa volta parlo dei risultati dell’ultima relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri 2014 (ai sensi della legge 151 del 2001), presentata il 25 giugno scorso (in allegato il testo). Qui di seguito un estratto. Per leggere il pezzo completo:
http://www.mammeonline.net/content/quando-le-dimissioni-sono-consensuali-senso-unico
Poco ci allevia il fatto di non essere casi rari, ma di essere in buona o meglio malaugurata compagnia: 1.200 a causa dell’elevata incidenza dei costi di assistenza del neonato; 3.456 per mancato accoglimento al nido; 4.051 per assenza di parenti di supporto. 14.379 gli abbandoni dopo il primo figlio, 8.707 quelli riconducibili alla incompatibilità tra vita lavorativa e cura della prole. Queste porzioni sono in crescita. Segno di una situazione che non tende a migliorare, che si inasprisce di anno in anno. Numeri grossi al Nord, nonostante si guardi sempre ai servizi efficienti del Nord. Forse la rete di solidarietà e di mutuo aiuto a volte serve più di un nido. 1.465 mollano perché non hanno potuto accedere al part time o a un orario flessibile.
(…) dopo aver ripetuto numerose volte la parola consensuale, devo fermarmi per eccesso di bile. Chiaramente il mio consenso ha un peso e un valore diverso rispetto a quello del mio datore di lavoro, soprattutto se la mia decisione di dimettermi è causata da un rifiuto dell’impresa di venire incontro alle mie esigenze. A volte basterebbe una flessibilità temporanea, un segnale che tu non sei solo un numero, un peso, una incomoda dipendente che ha osato figliare. Quindi se il consenso implica un accordo delle parti, occorre sottolineare come in moltissimi casi esso sia esorto, senza via di fuga. Quindi, se io non sono in grado di essere sullo stesso piano del mio datore di lavoro, uno stato civile e di diritto dovrebbe essere in grado di intervenire per tutelare la parte debole e riequilibrare i due attori contrattuali. Dovrebbe essere premura di uno stato farsi carico di queste diseguaglianze e non limitarsi solamente a relazionarci annualmente su quante nuove donne si trovano davanti al bivio. Se tu in qualche modo estorci il mio consenso, quel contratto o accordo è annullabile. Questo accade in tutti i casi, ma non sembra valere per tutti i casi cui una donna non ha altra scelta e viene di fatto portata alle dimissioni.
Non è che dovrebbe: deve proprio, come prescritto dall’art. 3 della costituzione:
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
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Tutte tutele e diritti inapplicati, purtroppo ce ne dimentichiamo e lasciamo perdere, nemmeno più ci battiamo per rivendicarli.
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