Nuvolette di pensieri

Mormora l'acqua del ruscello

Cos’è per te la prostituzione?

su 30 aprile 2015

pretty woman

 

Ripeto, sono per la libertà di scelta, chi desidera prostituirsi può farlo, in Italia non è reato. Spero che nessuno criminalizzi mai chi si prostituisce o meglio è prostituito. I criminali restano solo e soltanto i papponi e i clienti. La libertà di una non può diventare la negazione di una realtà fatta di sopraffazione e vendita di corpi. La libera scelta di una persona non deve diventare un ombrello rosso per coprire tutto il resto, con la pretesa di rappresentare, di lottare per tutte coloro che sicuramente libere non sono. Stiamo mettendo sullo stesso piano le poche che sostengono di scegliere la prostituzione e coloro, le tantissime, che sono costrette per innumerevoli motivi, ma che se avessero un’alternativa, sicuramente non lo farebbero.

Per coloro come Pia Covre, che temono tasse e controlli, dovreste spiegarmi cosa volete nel dettaglio che lo stato faccia per voi e come pensate di combattere sfruttamento e tratta. Perché se per voi è un lavoro come un altro, dovreste essere soddisfatte di essere riconosciute come professioniste del sesso e pagare le tasse. Altrimenti viene meno anche la vostra idea di festeggiare il 1 maggio. Forse bisognerebbe fornire a tutt* un’alternativa lavorativa.. perché tutte noi sappiamo che questo un lavoro non può essere per mille ragioni.

Covre & co., oggi impegnate in una serie di iniziative a Roma, dovrebbero interrogarsi su chi stanno avvantaggiando in questo momento, di quale business stanno chiedendo il sostegno e sulla pelle di chi. Ponetevi anche voi la domanda, chi maggiormente ne trarrebbe vantaggio da uno snellimento dei reati di sfruttamento, favoreggiamento, induzione alla prostituzione? “Industria del sesso & criminalità a braccetto”, con beneplacito dello stato? Ah, vi ricordo che in Germania solo 44 si sono registrati e pagano le tasse. In Italia resterebbe tutto comunque sommerso e lo stato si ritroverebbe ad avere le armi spuntate per perseguire chi trae guadagni in nero dalla prostituzione e dalla tratta. Penso che se vogliamo aiutare chi è prostituito, dobbiamo scegliere un’altra strada.

Ho letto un post che mette sullo stesso piano il diritto di aborto e quello di prostituirsi, nel nome dell’autodeterminazione. Vi consiglio di non scherzare, perché questa è pura mistificazione. Nessuna donna vuole costringere nessun’altra donna, noi non contestiamo e non contrastiamo chi sceglie, ma dobbiamo raccontare la verità sulle donne che sono nella prostituzione non volontariamente, e che subiscono innumerevoli violenze, in gran parte con danni permanenti.

Ho tradotto questo post (QUI l’originale) di Rebecca Mott per sfatare alcuni miti e stereotipi della prostituzione. Una utile lettura per i “negazionisti” della violenza e della sofferenza di queste donne considerate merce sessuale. Per tutti coloro che continuano a sostenere l’immaginario della prostituta felice e autodeterminata.

Come sopravvissuta, devo confrontarmi con l’idea che hanno gli altri della prostituzione.
Molte delle prospettive sono fondate su stereotipi, sia che provengano dalle femministe liberali, che da gente di sinistra, religiosa, amici o qualsiasi altro si interessi di prostituzione. Ho incontrato solo qualche femminista radicale, non tutte, capace di ascoltare e di imparare, piuttosto che raccontare a coloro che sono uscite, cosa significhi prostituirsi.
Non sono affatto sorpresa che vi siano così tanti pregiudizi attorno all’argomento.
Per almeno 3.000-4.000 anni, le prostitute non hanno avuto voce per dire cosa/chi siamo. Invece le nostre realtà sono state scritte da coloro che hanno tratto guadagno dal commercio di sesso.
Questa storia è stata scritta da papponi e da clienti che desiderano ridurre il loro senso di colpa, facendo finta che non vi sia violenza da parte loro.
È stata costruita la favola secondo cui tutte le prostitute sono persone adulte – o quanto meno le ritengono tali – che tutte amino il sesso e siano avventurose, che amino il loro stile di vita.
In altre parole, l’ideale della dea-prostituta, cortigiana, geisha e di classe elevata è il sogno erotico dei clienti e non combacia con la realtà.
Questo ideale è stato costruito nei secoli e da molte culture, per allontanare sguardi estranei dalle condizioni di vita reali della cosiddetta “prostituta felice” (Happy Hooker).
Questa immagine della prostituta è scolpita nel tempo e nello spazio, in quell’istante in cui la prostituta dipinge sul suo viso un sorriso per il cliente.
In quel momento, quando la prostituta dirà e farà tutto ciò che il cliente desidera, egli penserà che sia felice – questo non è affatto complicato per i clienti che hanno un ego enorme, così penserà che tutte le prostitute siano entusiaste e che naturalmente egli le porti rispetto.
È importante per il commercio del sesso continuare in questo verso, che nessuno veda cosa si nasconde dietro il sorriso della happy hooker. Dobbiamo continuare a non vedere che tutte le prostitute – non importa se di alto bordo o trasformate in dee – vivono in una costante situazione di estrema violenza maschile.
Dobbiamo avere il coraggio di vedere che la maggior parte delle “prostitute felici” hanno conosciuto tutte le facce del mercato del sesso – molte hanno lavorato per strada, sono finite nell’industria del porno, molte sono state spogliarelliste – tutto ciò ha dimostrato che le prostitute non godono dei diritti umani e che vivono in un costante stato di paura e di instabilità (emotiva, mentale, economica, ndr).
Dobbiamo vedere che la maggior parte delle prostitute felici non si arricchiscono. Gran parte dei loro guadagni finiscono nelle tasche dei loro sfruttatori. Molte di loro odiano il denaro che proviene dal prostituirsi, tanto da non essere in grado di metterlo da parte (ricordiamo il racconto di Daisy qui).
Io e tutte le sopravvissute lo sappiamo, non abbiamo mai conosciuto una prostituta felice.
Ho visto molte prostitute che parlano un linguaggio stereotipato da prostitute felici, ma sempre nei loro sguardi, nelle pause tra le parole e il non detto – si percepisce che la verità è un’altra.
Se osserviamo oltre i brevi istanti in cui sorridono al cliente, scorgiamo secoli di dolore prostituito, di paura prostituita, di rabbia prostituita.
Essere prostituta significa automaticamente essere associata a tutte le altre prostitute, vive o morte, di ogni cultura, classe, nazionalità e Paese.
Essere prostituta è capire cosa significhi non avere una individualità – ma dentro te stessa continuare a combattere per ricordare ciò che sei e che sei una persona.
Se torniamo al discorso del commercio del sesso, o a chi giustifica la sua esistenza – di fatto si sta consentendo che le prostitute siano considerate sub-umane e quindi che non abbiano una piena garanzia dei loro diritti umani.
Ogni volta che un cliente compie la scelta di comprare un altro essere umano per la sua avidità/bisogno sessuale – sta di fatto compiendo la scelta di non vedere nella prostituta un essere umano, la sta vedendo semplicemente come una merce sessuale.
Ciò è reso evidente dalla seguente dichiarazione:
La prostituzione è l’acquisto di un servizio, non di una persona.
Questo può essere affermato unicamente stabilendo che stai usufruendo di sesso, senza che la prostituta sia presente con il suo spirito e con la sua mente.
E questo viene considerato una cosa positiva.
A mio avviso quel distacco è sintomo di un trauma profondo.
Per forzarsi a separare il tuo corpo dalla tua mente, per separare la tua umanità in modo così estremo – significa per la prostituta avvertire il terrore, il dolore, l’odio che sono presenti in ogni momento e luogo. (la scelta di scindere mente e corpo significa che la prostituta avverte il terrore, il dolore e l’odio causati dalla prostituzione, ndr).
Il distacco è l’unica possibilità che ha una prostituta di sopravvivere – non è un segno di forza o di piacere.
Concludo qui, perché mi sento sconvolta – ma questo è un inizio, non una fine.


22 responses to “Cos’è per te la prostituzione?

  1. Paolo ha detto:

    mettere sullo stesso piano prostitute, attrici porno, spogliarelliste..mah! non mi convince, non è uguale

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    • simonasforza ha detto:

      L’autrice del pezzo non mette tutto sullo stesso piano, parla delle varie diramazioni del mercato del sesso. Sono i vari aspetti di un business molto diversificato..

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    • IDA ha detto:

      Paolo.. le attrici porno, sono attrici, loro si considerano attrici, e questo loro desiderio va rispettato. Ma è un escamotage della produzione, perchè gran parte della pornografia è prodotta in California, dove la prostituzione è vietata. Il prodotto audiovisivo pornografico, non è più destinato alle sale cinematografiche come una volta, non c’è più la pornostar di una volta, tipo Moana Pozzi. Oggi la prostituzione e la produzione pornografica s’intrecciano. Molte attrici porno vengono dalla prostituzione, molte attrici porno finiscono nella prostituzione. Attrici porno che hanno potere contrattuale sono pochissime. Anche molte attrici porno italiane, praticano la prostituzione, naturalmente non su strada..

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      • Paolo ha detto:

        va bene Ida, a me sembrava importante puntualizzare

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      • Paolo ha detto:

        sasha grey a quanto ne sappiamo non ha mai fatto la prostituta nè prima nè dopo il suo periodo nel porno.
        Il fatto che alcune attrici porno abbiano anche esercitato la prostituzone e viceversa non autorizza a uniformare tutto cosa che spesso gli attivisti anti-porno e anti-prostituzione tendono a fare

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  2. Stefano ha detto:

    Se un collettivo di precari scende in piazza per rivendicare diritti, tu gli chiedi di darti soluzioni per contrastare il lavoro in nero?

    Se non riconosci il lavoro sessuale come lavoro, come pensi di poter mettere su piani diversi la scelta e l’imposizione? Sei tu a mettere le cose sullo stesso piano. Nessuno è così scemo da pensare che riconoscere il sex work sia la soluzione ad alcun problema. è solo la soluzione al problema di chi si vede ostacolato oggi. Non mi pare di aver mai letto articoli e testimonianze di sex worker che pretendessero di parlare a nome di tutte né che negassero l’esistenza della tratta e dello sfruttamento. Forse invece di creare una dicotomia che non ha senso fra pro-sex e abolizionismo, si possono pensare a soluzioni diverse per problemi diversi. Non riconoscere il sex work e imputare alle sex worker di essere colluse al traffico di eseri umani non mi sembra una buona idea.

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    • simonasforza ha detto:

      Infatti, non ho detto questo, ho solo posto alcune domande. Chiedendo chi ne trarrebbe vantaggio. Risposte aperte. Non fa bene a nessuno ragionare per compartimenti stagni. La prostituzione non può essere un lavoro perché nessun essere umano può essere considerato merce.

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    • IDA ha detto:

      Come si fa a riconoscere tra una che ha scelto liberamente e una vittima di tratta?
      Si, di fatto le sex-work parlano a nome di tutte, perchè propongono un modello in cui non si possono riconoscere dalla vittima della tratta.. è vero il sistema abbolizionisa non la, può considerarae una professione, ma mi chiedo, la regolamentazione in una professione, oltre a pagare le tasse ed essere registrate e schedate quale altro vantaggio in più che le da? Falso ideologico, non esiste la contrapposizione tra pro-sex e abolizioniste, al massimo si può parlare di pro-sessiste. Non basta mettere un prefisso posititivo o un aggettivo positivo per fare diventare una cosa positiva, ma sono i concetti e i valori che lo qualificano.

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      • Stefano ha detto:

        Escludo che vogliano parlare a nome di tutte. Intanto perché non lo fanno, e magari ogni tanto si può avere fiducia delle loro parole; secondo perché più donne si prostituiscono meno soldi fanno.

        Poi nella proposta si parla di un registro (seppure c’è disaccordo in merito: di che registro si tratta? chi fa i colloqui per decidere l’idoneità?), di un tesserino. Proposte che poi andranno verificate sul campo, come si fa per ogni legge. E questo è un modo, per quanto imperfetto, di distinguere.

        Fra i vantaggi c’è il potersi associare in due, tre persone; il poter affittare un appartamento senza che il proprietario sia passibile di reato; il potersi dotare di un autista, di un’agenzia di sicurezza. Poter accedere ai servizi. Essere considerati in maniera diversa dalla polizia. Il fatto di avere un contratto autonomo, come viene specificato, invece di un contratto subordinato o parasubordinato.

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  3. Stefano ha detto:

    http://www.radioradicale.it/scheda/440627

    al link c’è la conferenza. Mentre ascolto la Covre dice di non volere i grandi bordelli che si vedono ai confini, che le leggi per contrastare la tratta ci sono e che la sua associazione ha collaborato in passato con le altre che si occupano di far uscire dalla prostituzione le vittime della tratta.

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  4. simonasforza ha detto:

    Per chi vuole vedere al di là della facciata (e non venite a raccontarmi che gli USA sono diversi da noi):
    The Sex Workers’ Outreach Project USA (SWOP USA) was founded by Robyn Few the year after she was convicted of conspiracy to promote interstate prostitution. This means that like St. James, Few was also a madam, a female pimp. As a survivor of ten years of prostitution myself, I would never feel safe around a madam. Most women in prostitution wouldn’t. Such an organization can’t speak for us. Robyn calls herself a ‘sex worker’ most of the time so the conflict of interest isn’t obvious. But the SWOP website makes a point of acknowledging her conviction for promoting interstate prostitution. Why? Because pimps across the country are using SWOP to connect with Johns while they recruit vulnerable young women. This isn’t activism, it’s marketing while lobbying for pimp interests.

    http://prostitutionresearch.com/pre_blog/2012/05/23/pimps_will_be_pimps_whether_ma/

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  5. simonasforza ha detto:

    @Stefano: per quanto concerne la faccenda dell’affitto: http://www.lucciole.org/content/view/852/3/.
    Poi nessuno vieta loro di aprirsi una partita IVA per svolgere il loro lavoro, se si vuole si fa. Poi ricordo che come autonomi non avrebbero diritto a ferie e malattia retribuite e tutto il resto. La Sanità pubblica in Italia non esclude nessuno, quindi non vedo i vantaggi di una registraziore e del dichiarare un reddito, anche perché perderebbero le esenzioni come nullatenenti e nullafacenti. Sai, tra l’altro i diritti in Italia non sono subordinati allo svolgere o meno una professione. Consiglio la lettura di questi post di Ida: https://bccida.wordpress.com/2015/04/13/legge-merlin/
    https://bccida.wordpress.com/2015/04/28/disegno-di-legge-spilabotte-regolamentazione-del-fenomeno-della-prostituzione/

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    • Stefano ha detto:

      Io non sono un esperto in diritto. Sono però uno che ascolta. Mi pare bizzarro che nomini le esenzioni come nullatenenti e nullafacenti come obiezione a chi sta dichiarandosi lavoratore e pretende di essere riconosciuto come tale, oneri compresi. Il lavoro autonomo è per evitare lo sfruttamento, e in ogni caso direi che non spetta né a me né a te dire agli altri quale forma contrattuale preferire. Così come la faccenda dell’affitto. Magari è meglio che una cosa venga chiarita anche nella legge, in ogni caso è una questione secondaria. Possono aprirsi una partita Iva? Non saprei, ma allora a cosa ti opponi, se già adesso uno può farlo cosa cambia con la regolarizzazione? Ad oggi la legge Merlin non impedisce la tratta (com’è ovvio non è una legge che può bastare) e non facilita la vita a chi lo sceglie, per questo c’è una richiesta di revisione. Basta ascoltare, se interessa farlo. Neanche loro pensano di avere la legge perfetta, e lo dicono, e non stanno proponendo una legge per aiutare chi è prostituito, stanno facendo proposte per i loro bisogni, chiedendo anzitutto di essere riconosciute. Quindi non gli si può imputare di non offrire risposte per combattere la tratta, e ciò che chiedono non impedisce affatto di farlo, né nega le altre realtà. Forse si può contribuire a partire dal loro riconoscimento. In ogni caso non mi interessa discutere. C’è il link alla conferenza.

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      • simonasforza ha detto:

        Vuoi sapere la mia posizione? Sono per un ritocco alla Merlin, introducendo una bella sanzione (non solo pecuniaria) per i clienti. E poi chiederei maggiori fondi per un piano antitratta, oggi scaduto e ancora non rinnovato. Mi dispiace, ma comprare una donna e stuprarla deve diventare complicato, altrimenti l’inversione culturale sarà un’utopia. Bisogna agire su più fronti. Qui è la mentalità che va cambiata, nessuno deve avere il diritto di comprare nessuno. Gli uomini devono imparare ad avere relazioni, perché queste sono non-relazioni.

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  6. simonasforza ha detto:

    @Stefano: il lavoro autonomo non evita lo sfruttamento. Il lavoro dipendente di questi tempi viene spesso mascherato dalla partita IVA, lo ricordo.. La tratta poi teniamola ben distinta da questa battaglia degli ombrelli rossi. Stiamo parlando di cose serie. Ho i miei dubbi che le prostitute italiane vogliano pagare le tasse, nemmeno in Germania è accaduto, e sappiamo che lì l’evasione non ha i nostri numeri. Solo le prostitute vogliono pagarle? Voglio capire come fai a stabilire quando c’è sfruttamento, induzione forzata e favoreggiamento. Infine, la tratta non la combatti certo così. Soprattutto favorisci le organizzazioni criminali e le mafie. Lo so che per alcuni maschietti è difficile rinunciare al terreno di caccia, ma è una cattiva abitudine da sradicare. Non sarete mica favorevoli al ritorno dello schiavismo?

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  7. RossaSciamana ha detto:

    Bellissimo articolo. Sul tema della prostituzione si è detto di tutto e tutte le volte che sento dire “è una libera scelta” ricordo come la società che si vive fornisca modelli, canoni e ruoli precisi alle persone, che fanno cultura e che vengono pure interiorizzati purtroppo.

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  8. […] ci riguarda, potremo continuare a raccontare del mito della prostituta felice. Per approfondire: qui. Penso che ci sia questo alla base della vulgata dei fautori del sex work, la rimozione della […]

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