Di fronte a questo genocidio del mare ad opera di uomini e organizzazioni criminali internazionali senza scrupoli, non possiamo restare indifferenti, e non possiamo tirarci fuori, perché ne siamo responsabili, anche se qualcuno si ostina a tirarsi fuori. Come trasformare il dolore e l’indignazione che ci coglie dopo un’ennesima tragedia che si consuma in mare, vicino alle nostre coste dipinte come l’Eden a cui aspirare, in un’azione permanente e tangibile che superi il momento contingente e ci porti a rifiutare tutto questo e a combattere chi sulla tratta di esseri umani si arricchisce e prospera? Perché dovremmo tutti insieme rifiutare questa carneficina, perché chi non muore in mare, spesso è destinato a vivere l’inferno su questa terra. Lo stesso dolore che proviamo di fronte a ogni ennesima tragedia del mare, dovremmo provarlo ogni giorno, consapevoli di quel che accade in Italia e in tutti i Paesi di destinazione. Perché questa immane tragedia è permanente, tra chi muore e chi viene privato dei suoi diritti prima, durante e dopo la traversata. Ne scrivevo qualche giorno fa (qui). La tratta ha il volto di questi uomini, donne e bambini, nuovi schiavi di un mercato criminale con rotte internazionali che portano carne per alimentare i nostri Paesi. C’è di tutto, lavoro forzato, prostituzione, traffico d’organi e una serie di altri orrori. La tratta non si ferma, quando i media smettono di seguire le disgrazie dei migranti. La violenza a cui vengono sottoposti non si spegne e il nostro silenzio si tinge di connivenza, se non ci sentiremo responsabili e se non capiremo che molte delle soluzioni dipendono da noi, dal nostro modo di essere cittadini. Lo capiremo solo quando usciremo dal nostro individualismo ed egoismo ciechi. Iniziamo a conoscere seriamente il fenomeno, capiremo che il quadro è molto più ampio e ramificato e che ci tocca in prima persona. Sono i nostri fratelli, le nostre sorelle, SEMPRE, non solo quando ci fa comodo o fanno notizia. Chiudere gli occhi e le frontiere non è umano, ci rende carnefici, il monstrum spesso abita dentro di noi, anche se per alcuni è più rasserenante continuare a volerlo vedere altrove, distante da noi. Il primo passo per iniziare a invertire la nostra rotta fatta di indifferenza o di empatia a singhiozzo, sarebbe ricordarci le nostre traversate oceaniche. Un secondo, comprendere le ragioni di chi migra. Un terzo, conoscere il fenomeno della tratta di esseri umani.