Per riflettere su cosa sia “politico”, ho scelto questa poesia di Wisława Szymborska.
Siamo figli dell’epoca,
l’epoca è politica.
Tutte le tue, nostre, vostre
faccende diurne, notturne
sono faccende politiche.
Che ti piaccia o no,
i tuoi geni hanno un passato politico,
la tua pelle una sfumatura politica,
i tuoi occhi un aspetto politico.
Ciò di cui parli ha una risonanza,
ciò di cui taci ha una valenza
in un modo o nell’altro politica.
Perfino per campi, per boschi
fai passi politici
su uno sfondo politico.
Anche le poesie apolitiche sono politiche,
e in alto brilla la luna,
cosa non più lunare.
Essere o non essere, questo è il problema.
Quale problema, rispondi sul tema.
Problema politico.
Non devi neppure essere una creatura umana
per acquistare un significato politico.
Basta che tu sia petrolio,
mangime arricchito o materiale riciclabile.
O anche tavolo delle trattative, sulla cui forma
si è disputato per mesi:
se negoziare sulla vita e la morte
intorno a uno rotondo o quadrato.
Intanto la gente moriva,
gli animali crepavano,
le case bruciavano
e i campi inselvatichivano
come in epoche remote
e meno politiche.
L’immersione nel politico a volte ci impedisce di vederne i contorni, che sono immensi, indefinibili, ma che a volte ci sfuggono, ne perdiamo memoria e ce ne distacchiamo. Il politico è una dimensione di vita e di azione, che non ammette ragionamenti a compartimenti stagni; ma tutto si interseca e assume valenze diverse a seconda degli incroci. Oggi in molti confondono la Politica con il politico, la prima associata a una sorta di ragnatela relazionale e elettorale che tutto ingloba, che ogni discorso cancella e schiaccia. Chi intende la dimensione politica come una sorta di eterno accordo sottobanco, di scambi più o meno vantaggiosi, occupa tutto il suo tempo nel soppesare questi fattori, che non danno sostanza, ma allontanano dall’obiettivo dell’agire politico, che non ha l’effetto di un boomerang a proprio vantaggio, ma deve volare alto come un aquilone e possibilmente tentare di abbracciare tutta la collettività. Politico non è ragionare sul tondo o sul quadrato, ma saper guardare attraverso un filtro più ampio la realtà contingente, amplificando e proiettando nel futuro il nostro ragionamento e il nostro sforzo quotidiano. Essere colmi di politico vuol dire avere voglia di mettersi al servizio della collettività, leggere i fatti, parlare con gli altri empaticamente, relazionarsi ma non certo nella perenne aspirazione alla vittoria. L’obiettivo non è la vittoria, elettorale o contingente sull’avversario, ma quello che è il tuo progetto politico. Per non assistere ancora al mondo che va in frantumi e brucia per l’indifferenza e l’egoismo (dis)-umano.