Riflettevo su un fatto. Gli uomini solitamente quando desiderano affermarsi, definirsi come soggetti, dicono NOI, per affermarsi rispetto agli altri, minoranza o Altro da sé, per rivendicare un diritto, per affermare un diritto. Pensiamo al proletariato. Per le donne le cose sono diverse, raramente diciamo NOI, più solitamente accettiamo di essere annoverate sotto il termine generico “le donne“, confinante e riducente, così come ci designano gli uomini. Come se fossimo una sottoclasse umana, una categoria diminuita dell’umanità superiore rappresentata dall’uomo. Con tutto quel “fardello” del dato naturale, legato al sesso biologico. Questo modo di porsi sottintende un chiedere e un ricevere da qualcuno, un mendicare una concessione altrui. Non siamo gruppo, non siamo soggetto coeso, unitario, organico, plurale in grado di rivendicare e di “strappare” qualcosa per NOI. Nonostante ci si sforzi, non siamo in grado di raccoglierci in una unità capace di porsi come soggetto unitario e solidale e di opporsi allo status quo. C’è tuttalpiù una solidarietà di censo, di lavoro, di status sociale, di interessi, di relazioni. Una dimensione da vicolo cieco. Peggio ancora quando poi si passa alla prima persona singolare: IO.
Capite cosa ci manca?
A questo si aggiunge l’imperitura pratica delle donne che usufruiscono (deliberatamente o meno) delle elargizioni delle briciole da parte degli uomini, che lungi dal concretizzare parità, ne sanciscono un debito permanente, che impedisce ogni libertà piena. L’emancipazione dello schiavo inconsapevole di esserlo o, peggio, contento di esserlo.
L’individuo, modifica abitudini e comportamenti, che a forza di obbedire si sviluppano riflessi di sottomissione.-le bon, sono più di 5 mila anni che l’uomo è dominante e la donna “servente”. 🙂 Perdere quei famosi riflessi di sottomissione, per le donne è molto difficile..
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Che argomento spinoso! 🙂
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In effetti è un po’ autocritico 🙂 La riflessione scaturisce un po’ dal post precedente. In pratica non siamo in grado di fare gruppo coeso, al massimo difendiamo il nostro piccolo nucleo di riferimento, oppure ci sentiamo “in battaglia”, ma come ho detto lo stato di guerra permanente non è l’ideale per la maturazione di una cultura diversa, quella che come dice Ida ci dovrebbe consentire di scardinare millenni di “riflessi di sottomissione” (mi piace un sacco questa frase, perché richiama un po’ anche Pavlov). Quel cambiamento che doveva trovare strade alternative per esplicitarsi e trovare soluzioni nuove, si è incanalato in forme più assecondanti (e similari ) di una dimensione, quella sì, fondata sul NOI, quella maschile. Poi c’è una parte del movimento, che a mio parere, tende a “selezionare” le voci e le idee, una sorta di setaccio a priori dei contributi delle donne. Si rimuovono interi pezzi di storia e di pensiero delle donne. Penso che una sorta di pensiero monolitico mainstream abbia contagiato anche noi. Perché non mi piace l’idea di battaglia: perché c’è da schierarsi, da una parte, quella “giusta” (da capire poi in base a cosa venga definita tale), pena l’oblio e il bavaglio. Sono drastica? No, solo porto le mie impressioni personali, girando un po’.
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non credo affatto che gli uomini siano così solidali tra loro come si crede, in realtà un uomo può essere solidale o rivale con un uomo quanto una donna può esserlo con un’altra donna. Francamente è impensabile pensare di andare d’accordo con chiunque appartenga al nostro stesso sesso (non andiamo d’accordo nemmeno con tutti quelli del sesso opposto).
il concetto di “schiavitù inconsapevole” mi lascia sempre perplesso, devo dire
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e sarebbe bello che il sesso biologico non fosse più un “fardello” (a parte i casi delle persone transgender che non riguardano questo post)
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Non sto parlando di “andare d’accordo”, sto parlando di gruppi di potere in grado di usufruire dei benefici derivanti dal fatto di essere gruppo dominante. Sono le rappresentazioni che gli uomini fanno del proprio gruppo a essere al centro del discorso.
Marco sulla mia bacheca di Facebook ha chiaramente riassunto cosa intendevo: “Si chiama spersonalizzazoine del ruolo .. ed è alla base della discrepanza sociale.. ovvero l’importanza e la valenza che la parola “NOI” può dare come rafforzativo ad un gruppo di persone viene invece declassata e coperta dal più ampio e generico “le donne” che ne rendono il significato più debole e denaturato alla base..”
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