Ho trovato questo articolo prezioso sia nel contenuto, che nella costruzione del ragionamento. Mi trovo concorde pienamente con il quadro tratteggiato e ho anche apprezzato la conclusione aperta e dialogante con il lettore.
Penso che sui modelli di fare comunicazione sui temi che riguardano la sessualità, la contraccezione, la salute sessuale e le malattie sessualmente trasmissibili, l’affettività si debba intervenire, urgentemente. Perché l’unilateralità con cui vengono gestiti i messaggi e le campagne informative diventa fuorviante, pericolosa. Ancora una volta si chiude il problema nel recinto delle “femmine”, come se l’uomo fosse immune, asetticamente lontano da certe problematiche. Siamo di fronte a un gap culturale, che ci spinge automaticamente a riferirci unicamente a un target di donne. Non penso che la causa sia da ascrivere a una maggiore propensione all’ascolto e all’autoconsapevolezza da parte delle donne. Purtroppo sembra che la presa in carico debba essere sempre e soltanto femminile, quando nella pratica dovrebbe essere congiunta, condivisa. Mi sembra anacronistico che ancora oggi si debba ragionare in un’ottica mono-genere. Tutt* dovrebbero essere i destinatari, i soggetti attivi e consapevoli.
Il papilloma virus (HPV) poi è avvolto nella nebbia. È già tanto se si è a conoscenza del vaccino, la cui campagna pubblicitaria campeggia negli ambulatori dei medici di base. Purtroppo, le ragioni non vengono spesso divulgate con adeguato approfondimento, per cui si corre il rischio che questa vaccinazione finisca nel tritacarne, insieme a tutti gli altri vaccini, oggi sotto la mannaia oscurantista di chi li vede come una minaccia alla salute. Piccola digressione sul tema: personalmente, penso che i benefici di una vaccinazione siano superiori ai rischi. Purtroppo molti hanno smarrito la memoria di alcune malattie e non si rendono conto dell’importanza di vaccinarsi, per sé e per gli altri. Poi ognuno è libero di scegliere.
Tornando al tema principale, penso che sia ora di sviluppare campagne che coinvolgano l’intera popolazione. Inoltre, non trovo ammissibile che siccome il papilloma virus è potenzialmente letale solo per la donna, non si debbano svolgere studi anche sugli uomini che sono portatori sani. Forse, intervenire anche sui maschietti, non sarebbe un’idea malvagia. Dovremmo aver archiviato la presunta “purezza” e “immunità” dell’uomo da un pezzo.
L’approccio medico non dovrebbe essere esclusivamente finalizzato alla soluzione pratica di un problema specifico, ma dovrebbe cercare di intervenire sulle sue cause, sul contesto, facendo prevenzione, cercando di avere uno sguardo a 360° sul fenomeno (anche nella ricerca). La trasmissione del virus non avviene col pensiero e l’uomo è parte attiva nel processo, al pari della donna.
Inoltre, sarebbe ora che la farmacologia iniziasse a tarare i test anche sulle donne.
Ho trovato particolarmente calzante questa affermazione:
“Soprattutto nello studio di certe nuove malattie l’approccio medicalizzante (che coinvolge quasi la totalità delle scienze dure quali biologia, chimica, sessuologia, ostetrica, ginecologia, virologia etc.) tende ad avere uno riguardo centrale sul corpo delle donne in quanto oggetto di scienza completamente scisso dalla sua natura umana (ontologica), e più che rivelare rischia di oscurare”.
Il corpo delle donne resta un oggetto “avulso”, da studiare e da curare. Quasi come se si trattasse di materia a sé stante.
Dobbiamo insegnare ai ragazzi e alle ragazze che l’affettività, la salute, la contraccezione, la sessualità non sono temi da affrontare per genere, ma in modo orizzontale, paritario, complementare, congiunto, coinvolgendo tutt*. Finché ci ostineremo a tenere più registri separati, i risultati saranno scarsi o nulli.
La tua riflessione purtroppo vale per molte malattie e non solo sessuali. L’Italia è un paese culturalmente arretrato per cui si fa Pubblicità Progresso contro l’evasione fiscale mentre i politici rubano senza pudore invece di promuovere, per esempio, il rispetto e il valore dell’esserci.
Il corpo della donna, poi, sembra un terreno lontano per cui si gioca a indossare parrucche rosa per creare dei centri di diagnosi precoce del cancro al seno invece di mostrare sul serio che cosa è il cancro. Il mio corpo ricostruito a causa del cancro è invidiato, pensa; sembra che a nessuno interessi che per tutto il tronco,il braccio e parte della schiena io non ho più e non avrò mai più il tatto perché mi hanno amputato il seno. Un esempio, anche questo, di quanto siamo culturalmente arretrati e noi donne restiamo oggetto di ignoranza. Purtroppo.
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Concordo con te. Spesso dietro c’è la volontà di non guardare in faccia la realtà. Dobbiamo parlare in modo chiaro, senza giri di parole, pretendere informazioni e cure corrette e uguali per tutti (senza distinzioni di censo o di reddito). Purtroppo di questi tempi la parola d’ordine è tagliare o risparmiare, per cui di risorse ce ne sono sempre meno. Per non parlare poi di come vengono impiegati questi fondi e di come vengano impiegati in modo strumentale (basta vedere tutti gli scandali della Sanità). In tutto questo le persone, con le loro storie e le loro necessità, scompaiono. Per molti siamo materia biologica e basta. Ma noi sappiamo che siamo qualcosa di più complesso e delicato. Per questo non dobbiamo mollare, ma dobbiamo impegnarci, ognun* nel proprio piccolo, affinché le cose cambino.
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Noi ne avevamo parlato lo scorso anno in questo post: http://www.esseredonne.it/?p=349.
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Grazie per la segnalazione 🙂 penso che sia importante riflettere su quanto siano importanti le informazioni e come vengono date. Sono d’accordo con voi sul tema prevenzione e soprattutto sulla necessità di recuperare le funzioni che avevano i consultori in origine.
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Grazie Simona per aver citato e ribloggato il mio post. Un caro saluto 🙂
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Grazie a te per le tue interessantissime riflessioni 🙂
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