Penso che occorra guardare un po’ le cose dal livello 0, a volte -1. Questo a volte può aiutare a centrare l’ottica e a guardare la realtà con uno sguardo meno sfocato di quello che di solito emerge dai media.
Dal basso si vedrebbero altre priorità e si rivestirebbe di nuovi significati non solo la realtà, ma anche l’azione politica da mettere in campo.
Fioccano, strabordano, vengono pubblicati miriadi di articoli che martellano tutti su un unico tema: com’è bello far la mamma e tutto quanto il resto insieme.
Allora, dico: cambiamo registro e se proprio vogliamo parlarne, non interroghiamo i piani medio-alti delle donne, ma raccontiamo la realtà, nella sua crudezza, nella sua spietatezza quotidiana, nelle sue debolezze, insomma curiamoci di parlare sinceramente delle scelte, che noi donne compiamo. Ne abbiamo le tasche piene di questi prontuari sulla donna tuttofare, che vuol curarsi di tutto e ce la mette tutta. Queste ricettine semplici non le vogliamo, perché non tutte ci possiamo permettere di delegare o di avere un sostegno!
Tagliare le detrazioni per coniuge a carico non è un incentivo all’occupazione è solo un voler eliminare una tutela in tempi di disoccupazione altissima, di precariato, di contratti capestro e di salari da fame. Chi mi paga l’asilo nido? Chi mi paga la tata? Non raccontiamo favole e non diciamo che ce lo chiede l’UE. Ricordiamoci ogni tanto il salario medio di una donna. E poi facciamo i conti e dispensiamo consigli e suggerimenti.
Vorrei che ogni tanto uscisse fuori un articolo in cui si parla di cosa significa essere tra l’incudine e il martello, sull’orlo di un abisso e non avere una possibilità di scelta reale. Almeno che non si stia parlando di una società fantastica in cui tutti partiamo con le stesse possibilità.
“Credo che le donne possano fare tutto” conferma la Fedeli qui (Valeria Fedeli ndr) “il tema è che devono essere messe nelle condizioni economiche, sociali e culturali, anche nella rappresentazione dei media, per poterlo fare. Anche nella rappresentazione dei media. Le donne desiderano poter vivere con serenità la scelta di cura dei propri affetti familiari e nello stesso tempo cercare di conciliarla con i propri impegni professionali. Ritengo, perciò che dovremo lavorare, oltre che sulla conciliazione dei tempi privati e di lavoro e sull’effettiva garanzia che la maternità sia sempre una scelta libera, anche sul rendere naturale la condivisione dei compiti di cura tra madri e padri”.
Bene, diciamoci una volta per tutte che al momento non siamo nelle condizioni economiche, sociali e culturali per essere in grado di far tutto. E anche se lo fossimo, non è detto che vorremmo tutte ugualmente e per forza raggiungere gli stereotipi della donna-mamma in carriera. Almeno questo lasciatecelo scegliere! Si parla di serenità di scelta, evidentemente perché non si percepiscono i mille dolorosi compromessi a cui una donna deve adattarsi.
Tutto questo raccontare edulcorato, viatico multivitaminico per le donne “deboli”, che non si sanno valorizzare sulla strada del successo, rientra a pieno titolo in una strategia fondata su specchietti per le allodole e su strumenti (in cui i media sguazzano) per farci sentire sempre “sbagliate”. Una semplificazione della realtà, utile solo a puntare il dito contro qualcuno/a. Mollare non significa fallire. Mollare, così come non farlo, significa trovare delle priorità nella propria vita. Semplicemente ognuna dev’essere libera di trovarne di sue e di essere in grado di realizzare la vita che desidera. Finché non tutte avremo le stesse possibilità, nessuno si dovrà permettere di usarci e di sbatterci in faccia questi esempi di “successo”.