Cosa significa avere un figlio maschio? Cosa rappresenta per l’immaginario femminile? Io non posso raccontarlo in prima persona perché ho una figlia. Leggendo questo articolo di Claudio Marcelli, ho scoperto che le mie prime impressioni in gravidanza erano in controtendenza. Non so come, ma pensavo di aspettare un maschietto, era una sensazione. Non avevo una reale preferenza, desideravo solo che stesse bene.
Marcelli spiega che avere un figlio maschio è un’occasione per crescere un uomo emotivamente alfabetizzato:
“Educare un figlio maschio al rispetto e alla parità è una straordinaria opportunità di opporsi alla discriminazione e alla violenza contro le donne”.
Io aggiungerei che l’educazione passa anche per una non discriminazione in base al genere. Le mamme dovrebbero educare e cercare di rendere indipendenti, autonomi i propri figli, sia maschi che femmine. L’educazione all’autonomia renderà più semplice per i figli spiccare il volo in età adulta, riuscire a cavarsela da soli e non sempre dipendere dai genitori (o dalla compagna di vita che sostituirà la mamma), avere rispetto per l’altro sesso e riuscire a condividere in maniera equilibrata una vita di coppia. Invece, ne parlavo ieri con una ragazza finlandese, sono le stesse donne, madri e compagne, le fautrici di una misoginia latente e invasiva, che rende spesso gli uomini incapaci di assumersi responsabilità, di rendersi veramente autonomi e di gestire una relazione di coppia che implichi anche condivisione delle mansioni e delle attività familiari. Questa educazione differenziata, che ancora in molti casi insegna solo alle bambine a cavarsela da sé, implica un ritardo culturale notevole e una sorta di legittimazione a quell’oppressione permanente e difficile da sradicare. Ci sono tanti piccoli segnali di questo condizionamento e di una mentalità che è diffusa anche a causa di una posizione distorta di noi donne, davanti a un problema educativo dei nostri figli maschi. Se una madre o una compagna non si aspettano dal proprio figlio o compagno maturità, capacità di cooperare in casa, se non educano all’ascolto, al rispetto, alla parità, a una vita compartecipata, i risultati possono essere gravi. Si perpetua un modello gestito su piani distinti e rigidamente separati, su binari inconciliabili, che non riusciranno mai a parlare tra loro. Per questi uomini ci sarà un’unica soluzione, un unico modo di affrontare le relazioni con l’altro sesso, fondato sulla sottomissione della donna, sulla supremazia/egemonia maschile, sul tentativo di opprimere e arginare quella pericolosa emancipazione femminile, che loro fanno fatica a comprendere e ad accettare e che vedono come la causa di tutti i mali. Questa oppressione a volte arriva ad esprimersi attraverso la violenza sulle donne, che è innescata da una mentalità misogina, che serve a legittimare un potere dell’uomo e un possesso incondizionato e illimitato sulla donna.
Così ne parla Giovanna Nuvoletti:
“Perché la misoginia è stata una grande invenzione, grandissima. Le fonti non sono scritte ma ci sono delle prove di una precedente epoca di matriarcato, c’è il lavoro della Gimbutas, ma quel che importa, quel che so per certo, è che c’è stata poi una guerra vera e propria, che ha utilizzato lo strumento razzista della demonizzazione degli esseri da opprimere. Perché si è dovuto opprimere? Per creare il potere”.
La questione non è culturalmente distante da noi, non appartiene a forme arcaiche di cultura. Purtroppo i retaggi di una mentalità misogina sono dappertutto, a tutti i livelli e contesti. Finché noi donne non cambieremo prospettive, non invertiremo la rotta (lasciando emergere l’assurdità di tali aspetti e comportamenti), non smuoveremo le montagne ideologiche di una società e di un’economia che ci vuole “sottomesse” e facilmente strumentalizzabili, non avremo assicurato un superamento delle attuali problematiche relazionali tra uomo e donna. Un’affettività matura implica un profondo e radicato rispetto dell’altro/a. In questo noi donne, nei nostri diversi ruoli, dovremmo insegnare ai nostri uomini a sostituire la paura (che a volte alimenta l’odio) con il rispetto e la voglia di comprensione. Occorre sostituire alla trincea permanente contro le donne, il dialogo e l’apertura. Non ci sono cose che gli uomini e le donne non possano imparare a fare, è giunto il momento di iniziare l’interscambio.
[…] passato ho già affrontato queste questioni (qui, qui, qui e qui). Il mio ragionamento odierno parte da un interessante post su Abbatto i muri. Secondo […]
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