Nuvolette di pensieri

Mormora l'acqua del ruscello

Impressioni di WAE!

su 8 aprile 2014

Riporterò qui la mia esperienza dell’incontro che si è tenuto domenica 6 aprile a Milano, della rete Womenareurope.

Incontrarsi di persona, condividere idee, progetti, pensieri per me ha rappresentato un’occasione per uscire dal mio guscio quotidiano e fare squadra. Al termine della giornata, la mia sensazione era di aver ricevuto da ognuna delle donne presenti una sferzata incredibile di energia, di voglia di fare. Ne sono uscita arricchita e piena di nuovi spunti di riflessione. La condivisione aiuta a cambiare i propri orizzonti e punti di vista personali. Questo è successo e ne sono molto contenta.
Ho notato che è mancata la partecipazione della componente dei movimenti femminili più legati alla realtà dei centri sociali. Questo probabilmente spiega in parte l’esigua partecipazione della fascia 20-30. Mi è sembrata totalmente assente la fascia under 20, che evidentemente non siamo riuscite ad intercettare o a coinvolgere. La mia fascia 30-40 anni, ahimè, latita e partecipa poco: per fortuna ci sono delle mie coetanee eccezionali, che domenica scorsa mi hanno resa fiera della mia generazione. Non siamo poi messi così male.
Non seguirò l’iter preciso della giornata, ma vorrei annotare qui i punti che secondo me aiutano a dare un’idea di quanto ricco e variegato sia stato il dibattito.
L’incontro nazionale di domenica arriva dopo le giornate del 1 febbraio e dell’8 marzo, dopo i fatti di Spagna e la legge Gallardón, la bocciatura della mozione Estrela in UE. Il clima attorno ai diritti di autodeterminazione delle donne e i ripetuti tentativi, da più fronti, di smantellarli ci richiamano e ci spingono a tornare a mobilitarci e a farci sentire, in prima persona e come gruppi. I diritti acquisiti non lo sono mai per sempre, vanno alimentati e curati. L’idea della rete serve proprio a riunire le nostre forze, per non disperdere le nostre energie e l’efficacia delle nostre azioni. Occorre rompere la frammentarietà dei singoli movimenti e associazioni, cercando di condividere ciò che realizziamo sul territorio.
È emerso quanto sia difficile il rapporto con le istituzioni, che sono fondamentali se si desidera ottenere cambiamenti reali, effettivi, miglioramenti e tutele certe. Probabilmente dovremmo cercare di trovare i nostri interlocutori politici e istituzionali a livello europeo.
Troppo spesso si cerca la vittima, quando si parla di IVG: la donna, l’embrione. Questo è strumentale a creare dei sensi di colpa che gravano unicamente sulla donna, laddove si dovrebbe richiamare anche un ruolo/responsabilità maschile nell’ambito riproduttivo.
Sul tema dell’aborto, l’assenza di una riflessione pubblica ha rimosso questo tema, per cui manca una informazione adeguata anche in contesti centrali come le scuole mediche e professionali di specializzazione. Andando in pensione la generazione di medici che ha sostenuto la 194, rischiamo che aumentino le difficoltà di applicazione della legge. Occorre prevedere una formazione scientifica in merito, in grado di rispettare le singole posizioni del personale medico e paramedico, senza mettere a repentaglio la tutela della salute della donna, che va comunque garantita. Non dimentichiamoci il giuramento di Ippocrate e ciò che accade quando l’obiezione raggiunge i livelli di alcune regioni italiane.
Si è fatta strada una certa visione ideologica sul tema dell’aborto, quando invece si dovrebbe tornare alle origini, come sottrazione della sessualità dall’obbligo riproduttivo: la libertà di essere madri o di non esserlo.
Il tema della precarietà lavorativa e del reddito estende le sue ricadute in tutte le scelte, diventando precarietà sentimentale, affettiva, nei rapporti con l’altro. Il diritto a un’esistenza libera da pressioni, dalle angosce di sopravvivenza, può avere importanti riflessi sulla vita, di uomini e donne.
Si è accennato anche a una sorta di diritto universale alla maternità, con un tentativo di stabilire un reddito garantito.
Si è ricordato che, accogliendo il ricorso della LAIGA e dell’Ippf (International Planned Parenthood Federation), il Consiglio d’Europa ha riconosciuto che l’Italia non garantisce l’effettiva applicazione della Legge 194. La professoressa Marilisa D’amico ci ha illustrato il lavoro che è stato fatto per giungere a questo verdetto. Vedi qui.
Anna Pompili, ginecologa LAIGA, ha sottolineato la centralità della formazione per gli operatori del settore, che gli permetta di acquisire metodiche nuove. L’aborto è una scelta libera, e deve essere garantita la libertà di scegliere. Dobbiamo uscire dai sensi di colpa.
Anna Picciolini di Libere Tutte e Il Giardino dei ciliegi (Firenze), ha sostenuto che l’aborto è un problema di potere. La dichiarazione di scelta della donna rompe gli equilibri di un contesto che è sempre stato viziato da una mentalità patriarcale. Se la prima parola e l’ultima spettano alla donna, viene meno il potere di decisione esclusivo dell’uomo. La donna diviene consapevole del suo potere e della sua responsabilità, su cui si poggia la sua libertà.
Carla Ceccarelli, in rappresentanza delle donne democratiche PD, ha presentato la mozione per la salvaguardia e la valorizzazione dei consultori, che sta girando per il territorio milanese nei consigli di Zona, dopo un primo passaggio in Regione.
Nadia De Mond di Donne nella crisi, ha parlato delle iniziative (di cui anche una ad Atene) a sostegno delle donne in questo periodo di crisi economica. Non dimentichiamo gli effetti devastanti dei tagli alla Sanità greca di cui avevo scritto.
Monica Lanfranco di Genova, rivista Marea, ha lamentato la mancanza di conoscenza della radice storica del movimento femminista/femminile. Forse sarebbe opportuno far conoscere il contesto culturale e storico che portò al varo della 194, che ricordiamo è a tutela della maternità e per una procreazione autodeterminata e consapevole. Per non tornare all’aborto clandestino dobbiamo essere presenti, farci sentire, perché la memoria che fugge via è il cancro del nostro tempo. Dobbiamo riprendere il tema dell’autodeterminazione sui corpi, della sessualità, coinvolgendo maggiormente gli uomini.
Durante un intervento è stato ribadito che nessuna di noi è contro la vita, ma appunto perché siamo per la vita, nessuna di noi vuole imporre la nostra scelta a un’altra donna. Io riconosco all’altra donna la capacità di scegliere liberamente, perché alla base c’è un rispetto reciproco. La 194 è una legge per la vita, che protegge la salute delle donne. Nessuno può decidere al posto di una donna.
Esiste un diritto a vivere e non un diritto a nascere.
Ci siamo interrogate sul divario generazionale in merito a sessualità, autodeterminazione, aborto: cosa ha rappresentato per le generazioni degli anni ’70 e cosa rappresenta per le ultime generazioni. È cambiato il ruolo della donna, la società, il mondo del lavoro, le istituzioni, la rappresentanza femminile. Per questo Lea Melandri ci invita a tornare sulla nostra storia e su cosa possiamo ancora utilizzare del materiale del passato e cosa va rinnovato. La generazione che produsse la 194 si appassionava ai temi della sessualità e della maternità. Oggi dovremmo riuscire a spostare la questione femminile al rapporto uomo-donna, con una responsabilizzazione degli uomini sul tema della sessualità.
Luciana Bova da Reggio Calabria ci ha parlato delle iniziative che stanno portando avanti, attraverso ad esempio l’idea dei “consultori in piazza”, soluzione itinerante che rappresenta un importante passo per riappropriarsi degli spazi pubblici e parlare alle persone in modo diretto di sessualità consapevole. Questo significa creare spazi di democrazia partecipata, all’esterno, per farne una discussione pubblica e politica. Si parla in modo diretto con tutti, soprattutto con i più giovani, per avvicinarli a temi importanti come quello della contraccezione. Le donne del sud hanno una carica trascinante, coinvolgente. Le iniziative di Reggio ci insegnano che una nuova forma di mobilitazione è non solo possibile, ma è indispensabile. Gustatevi il loro flash mob alla Lorenzin.
A tal proposito è necessario riaffermare che la donna è un soggetto di scelta, di decisione, non deve essere vista come il contenitore di un altro oggetto che servirà poi al mondo della produzione.
Giulia del Collettivo Altereva di Torino ci ha parlato di cosa sta accadendo nei consultori piemontesi e di come stanno cercando di resistere al tentativo di Cota di far entrare il Movimento per la vita. Guardate cosa si inventano queste ragazze in gamba a Casale Monferrato e al Convegno di Federvita in Piemonte. A mio avviso sono una vera bomba! Concordo con Giulia quando afferma che molte donne strumentalizzano le tematiche femministe, utilizzandole come “taxi per la rappresentanza” e aggiungerei per la propria carriera politica o di potere. Questo offusca e vanifica l’attività di coloro che credono veramente nelle battaglie femministe. Quindi condivido l’auspicio che la nostra rete sia trasparente, aperta e sappia andare oltre le parole. Dobbiamo essere concrete al massimo.

“Dobbiamo incanalare le energie, tornare in piazza a parlare con le persone, lavorare su piccoli progetti/azioni” come si augura Eleonora Cirant. La posizione di Eleonora e la sua chiave di lettura mi è sembrata molto lucida: credo che sia la strada giusta da percorrere. Vi suggerisco il suo post sull’incontro del 6 aprile, che ho trovato perfetto. Anche quando ci interroghiamo sulla rappresentanza femminile nelle istituzioni, dobbiamo accertare di che qualità sono le donne che vengono scelte, altrimenti rischiamo che non vengano portate avanti le istanze per le donne.
Diana De Marchi del PD e di Usciamo dal silenzio ha proposto l’idea di stilare una carta di impegno sui temi femminili, da far sottoscrivere alle candidate politiche, in modo da esplicitare una loro posizione su questi fronti.
Essere donna non significa automaticamente essere brave, per questo forse le quote di genere non sono sufficienti da sole a garantire un buon risultato e una rappresentanza efficace. Se oggi la 194 è in pericolo, forse abbiamo sbagliato strategia. I temi della 194 sono rimasti in un alveo unicamente femminile, senza farlo diventare un problema di civiltà. Non si tratta di problemi di donne, non dobbiamo restare in un contesto di genere o di generazione: è una battaglia di civiltà, che avvantaggia uomini e donne, di età trasversali.
Il corpo della donna occupa spazio, la volontà di normarlo e di stringerlo in vincoli e catene è un modo di controllare la società, rientra in un ritorno di un pericoloso autoritarismo.
Libere di scegliere, concepire e abortire, legando insieme i temi della contraccezione, della maternità consapevole e dell’IVG. La libertà di disporre di sé e di trattare con l’altro sesso rispetto al proprio corpo.
Dalla giornata del 6 aprile siamo uscite con l’idea di formare una rete per condividere le esperienze di operatori/operatrici e movimenti e le informazioni in tema di contraccezione, sessualità consapevole, educazione sessuale, IVG legale e sicura per tutte. In pratica sarà un hub, un inizio di relazione per condividere successi e non, idee, progetti e pratiche.
La rete che vorremmo creare deve essere inclusiva, non gerarchica, aperta alle differenti posizioni e strategie per portare avanti le questioni femminili, per una sessualità libera e consapevole, per la tutela della salute riproduttiva delle donne.
Ci siamo date come impegno la redazione di un manifesto che tenga insieme i temi principali, le cose da fare, su cui possiamo facilmente convergere e sui quali concentrare i nostri sforzi futuri.

Alcuni contributi video e audio della giornata:

Due contributi dalla riunione di WAE raccolti da Lanfranco: Luciana Bova e Assunta Sarlo

Registrazione audio Assemblea WAE del 6 aprile a Milano

 

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2 responses to “Impressioni di WAE!

  1. womenareurope ha detto:

    L’ha ribloggato su womenareurope.

    "Mi piace"

  2. […] avevo già parlato qui dell’assemblea nazionale tenutasi a Milano lo scorso 6 aprile, dal titolo: […]

    "Mi piace"

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