Abbiamo veramente bisogno di sbarazzarci di un colore, di un simbolo per sentirci emancipate e per esserlo davvero?
Ho letto un post di Loredana Lipperini e mi si è accesa la miccia. Personalmente non vedo di buon occhio tutte quelle etichette di sessismo apposte ai giocattoli per bambine, come mini lavatrici, mocio, aspirapolvere e ferri da stiro. Non li guardo come se fossero una minaccia. Ne avevo già parlato qui. I simboli sono importanti e non vanno sottovalutati, ma non dobbiamo nemmeno permettere di farci manipolare. Non ci sono scorciatoie o soluzioni infallibili per costruire una società egualitaria e paritaria. I cambiamenti culturali hanno bisogno di tempo, ed è questo il punto centrale. Quel che mi auguro è che ogni bambina, ragazza o donna sia libera di scegliere come essere, perché noi siamo una, nessuna e centomila. Potrò cambiare molte volte nel corso della stessa giornata, a seconda delle circostanze, dell’ambiente e dei contesti sociali. Il mio essere donna avrà tutte le sfumature dell’arcobaleno, comprese quelle del rosa. Questo non mi cambierà nella mia essenza, non sbiadirà ciò che sono e voglio essere, non sminuirà la mia personalità e il mio io. Lo stesso ragionamento vale per tutte le piccole donne del futuro.
Dobbiamo chiedere di essere libere di scegliere con cosa giocare, cosa leggere, cosa indossare, cosa dire, cosa esprimere. Un colore non sarà il nostro limite, ma una delle nostre sfumature. Perché dobbiamo giocare tutto sulle sfumature e sul nostro saper essere molteplici. Sono le nostre peculiarità che ci permetteranno di incidere sulla realtà. Questo dobbiamo trasmettere alle prossime generazioni, perché non sia più una diatriba sul colore o un altro tipo di stereotipo a rinchiuderci in un ghetto di genere.