Torno a parlare di Ungheria in primo luogo perché il 6 aprile si terranno le elezioni politiche. Secondo i sondaggi, il partito favorito è Fidesz del tanto discusso primo ministro Viktor Orbán, al governo dal 2010, forte di una maggioranza dei due terzi del parlamento.
Il principale raggruppamento d’opposizione è Unità, guidato dal socialista Attila Mesterházy e dovrebbe prendere circa il 28% dei voti.
L’altro grande partito d’opposizione, è il tristemente noto Jobbik, la formazione di estrema destra di Gábor Vona. Il Jobbik oscilla attorno al 17%, ma potrebbe diventare il secondo partito.
Potrebbe superare lo sbarramento del 5% anche il partito Lmp, su posizioni verdi, liberali ed europeiste.
Il secondo motivo per cui torno sull’Ungheria è proprio per segnalarvi la storia di uno dei fondatori del Jobbik Csanád Szgedi: un entusiasta e fiero combattente antisemita e antirom. Come molti altri ebrei ungheresi ha scoperto solo da adulto le sue origini ebraiche. Dopo la Shoah, molti sopravvissuti ai campi di concentramento hanno pensato che non avrebbero mai potuto essere accettati nei rispettivi paesi come cittadini con pari diritti e che sarebbero sempre stati discriminati. Ecco il perché molti scelsero di emigrare e chi rimase, soprattutto nei paesi sovietici, ha cercato di nascondere le sue origini: avevano paura, non volevano farsi notare o semplicemente desideravano dimenticare il passato. L’obiettivo era una veloce assimilizzazione e conversione cristiana. Oggi Szgedi frequenta la sinagoga, ha smesso di frequentare le vecchie amicizie e si interroga sulle motivazioni che lo hanno potuto spingere sulle sue precedenti posizioni e idee.
Questo articolo di Anne Applebaum spiega bene la storia di Szgedi e svela i meccanismi distorti dell’intero Jobbik.
Questa storia ci insegna quanto fragili possano essere le nostre convinzioni, le nostre presunte radici etniche. Se ognuno di noi iniziasse a pensare che apparteniamo a un’unico grande gruppo, il genere umano, non ci sarebbero tanti conflitti, odi, lotte, divisioni e genocidi. Questa storia è la dimostrazione del fatto che alla base di certe ideologie c’è solo una profonda ignoranza, non solo culturale, ma storica e familiare. La rimozione a volte aiuta a superare i traumi, ma non permette di affrontare il futuro con il bagaglio indispensabile che ci deriva dalla conoscenza e dall’analisi del nostro passato.
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