Ieri sera ho partecipato alla presentazione, a Milano, dei risultati dell’indagine “L’Europa che vogliamo”, patrocinata dagli europarlamentari Antonio Panzeri e Patrizia Toia, con la partecipazione dell’On. Hannes Swoboda, presidente del gruppo S&D (il gruppo di cui ha fatto parte il PD, sino all’ammissione ormai ufficiale nel gruppo PSE) al Parlamento europeo. L’idea ricalca lo slogan ulivista che qualcuno ricorderà.. In pratica, dalla scorsa estate è girato un camper per la Lombardia, che si è recato presso i mercati rionali e ha raccolto opinioni in merito al progetto europeo (1.700 questionari raccolti). La base degli intervistati è quasi prettamente composta da persone vicine al PD. Il questionario era disponibile anche online e c’era anche una pagina FB. Ha girato poco nei circoli PD, sempre a causa di una strana disconnessione dalla realtà che affligge un gran numero di circoli. Vorrei riassumervi il contenuto della serata. Sicuramente siamo di fronte a una crisi strutturale dell’UE, che se non correttamente affrontata potrebbe costituire una battuta d’arresto per l’intero progetto. Quindi urge un intervento, che completi l’architettura europea, che costruisca uno scheletro istituzionale adeguato, che detti una linea politica, economica, sociale e democratica di partecipazione. L’Europa deve tornare ad essere una realtà che può realizzare qualcosa di positivo non solo per le prossime generazioni, ma anche per tutti coloro che hanno bisogno di sostegno ora, donne, anziani, bambini. Dev’essere quindi un lavoro per superare l’euroscetticismo, innanzitutto. Tra le conquiste principali raggiunte, gli intervistati hanno scelto: la libera circolazione sul territorio europeo, aver assicurato un periodo di pace, euro e mercato comune. In un gioco di accostamento, l’idea di UE è legata strettamente alle parole opportunità, pace e burocrazia. Quest’ultima parola detta un po’ il segno di come ultimamente viene presentata l’Unione: un pachiderma di direttive che si aggiunge a quelle nazionali. In realtà questo comune sentire è foraggiato da una mancanza di informazione adeguata, di cui si lamentano gli intervistati. Si parla di Europa solo in momenti di crisi e per sottolineare le sue debolezze. Tra i programmi europei più conosciuti emergono l’Erasmus, i FSE, i programmi per la ricerca, Leonardo. Quello di cui ci sarebbe bisogno è un programma Erasmus allargato alla dimensione lavorativa. Perché tra i temi più urgenti c’è proprio il lavoro o la sua cronica mancanza. Occorre concentrarsi al fine di trovare soluzioni comuni a questa piaga. Occorre investire in ricerca, innovazione, sviluppo, istruzione perché si possa competere a livello globale, come suggerisce l’attento e preparato Swoboda. Siamo all’incirca il 7% della popolazione mondiale e solo se siamo competitivi in innovazione possiamo sperare di incidere nel mondo globalizzato. Lo si può fare rimanendo uniti, spingendo per l’affermazione dei diritti umani, della pace, di un serio approccio ai cambiamenti climatici. Dobbiamo diffondere il modello di welfare europeo. In Europa ci sono molteplici identità, che devono arrivare a lavorare insieme, unite per poter contare qualcosa nel mondo di oggi e di domani. Questa è la sfida vera. L’On. Swoboda ci spinge a guardare agli aspetti meno ovvi e ad evitare considerazioni comode. Dobbiamo essere realisti e cambiare la sostanza delle nostre politiche nazionali ed europee. Senza un approccio unitario non si può sperare di resistere a lungo. Dal suo intervento ho capito cosa manca ancora a buona parte della nostra classe politica: il coraggio delle proprie idee, una forte cultura realmente socialista, una preparazione corposa su temi globali, insomma una visione d’insieme e chiarezza di intenti.
Manca un’unità d’intenti vera, mancano istituzioni efficienti e democratiche, mancano i grandi ideali, manca la dimensione sociale: sono queste, in ordine di rilevanza, le mancanze che gli intervistati segnalano. Quindi manca una visione coesa di Europa. Bisognerebbe impegnarsi maggiormente nel decidere preventivamente quali politiche adottare in Europa. I cittadini lamentano una scarsa propensione alla pianificazione intelligente del modo in cui i politici nazionali si confrontano con le politiche comunitarie. Ci si concentra sui problemi nazionali e si perdono di vista le opportunità europee. L’Europa manca di incisività perché sono ancora troppo prevalenti gli interessi nazionali. Quindi cosa vogliamo dall’Europa di domani? La costituzione di una realtà politica unica, politiche di aiuto alle economie dei Paesi in difficoltà, politiche per i giovani, creare un senso di appartenenza europeo (difficile da realizzare, viste le spinte separatiste che serpeggiano all’interno di molti stati dell’UE). Quindi deve svilupparsi un’Europa sensibile ai problemi di chi ha bisogno. Si chiede un’inversione di rotta chiara, rispetto a certi approcci che hanno sconquassato Paesi come la Grecia. Per questo le prossime europee sono un passaggio fondamentale e per nulla secondario per poter far capire l’Europa che vogliamo. Quindi, non dovranno essere un voto di protesta, ma un segnale preciso della rotta da intraprendere. Basta tentennamenti, che hanno prodotto tanti danni.
Sempre sul tema, consiglio: Ignoranza e diffidenza: gli spagnoli e l’UE.
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