Vi ricordate quando si parlava di recuperare dei soldini attraverso un accordo con la Svizzera, per il rientro dei capitali (di evasori italiani) depositati nelle banche elvetiche? A quanto pare per il governo Letta non è più una priorità. In ballo ci sono molti contenziosi su questioni fiscali e sul trattamento dei lavoratori italiani nel Canton Ticino.
Oggi Letta era atteso a Berna per il Forum di dialogo fra la Svizzera e l’Italia, durante il quale era prevista anche la firma su un accordo fra i due Paesi su trattamento fiscale, segreto bancario e i lavoratori transfrontalieri. Letta non ci sarà e sarà sostituito da Fabrizio Saccomanni, ma l’accordo probabilmente verrà rinviato.
Con il varo del decreto italiano che disciplina le dichiarazioni spontanee dei contribuenti e con la legge svizzera che vieta alle banche di gestire fondi frutto di frode fiscale, sembra che si voglia porre fine al segreto svizzero in merito di capitali italiani. Con il decreto italiano, molti evasori sono di fatto incoraggiati a far emergere e a riportare in Italia i soldini, pagando al fisco solo tra il 13-14% (meno di quando avverrebbe in caso di un accordo tra i due Paesi: 25-30%).
Le pressioni arrivano anche da oltreoceano: gli Stati Uniti sembrano sul piede di guerra nei confronti delle banche svizzere che proteggono i reati fiscali. La Svizzera forse si sente accerchiata e ha capito che non è più così tanto conveniente proteggere i patrimoni di dubbia origine. Ricordiamoci anche che la Svizzera continua ad essere sulla black list internazionale, che non è proprio un bollino di qualità. La Svizzera si avvia verso la rimozione del segreto sui conti, ma la preoccupazione dell’Italia (potrebbe essere una delle ragioni al freno delle trattative) è che la Svizzera, una volta perso il vantaggio bancario, si possa dedicare alla costruzione di un paradiso fiscale, con gli annessi e connessi. Il timore è che altre aziende scelgano di spostare la propria sede in Svizzera.
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