Riprendo ed estendo un mio post del 18 gennaio. La domanda che vorrei porvi è la seguente: “La globalizzazione può garantire la pace?”. La stessa domanda se l’era posta il giornalista inglese Norman Angell nel suo saggio La grande illusione, del 1909. Il libro prospettava un futuro di pace e di prosperità. I motivi? In un mondo così globalizzato la guerra diventava economicamente svantaggiosa, a rischio di ingenti perdite, difficilmente finanziabile: un evento da cui nessuno ne sarebbe uscito vincitore. Sappiamo com’è andata a finire la storia. Oggi la storica canadese Margaret MacMillan, nel suo The War that ended peace, ripercorre i passi di Angell e cerca di comprendere i punti deboli della sua analisi, che portarono al fallimento delle sue rosee previsioni. Sul piano economico aveva ragione, ma non comprese gli svantaggi delle interdipendenze create dalla globalizzazione. La MacMillan analizza le trasformazioni che investirono la società e l’economia degli inizi del XX secolo, compreso il darwinismo sociale, e ne evidenzia gli aspetti che portarono all’esplosione del nazionalismo, dell’antisemitismo e del militarismo. Crisi politiche, personalità statali deboli o con manie di potenza, un Regno Unito sul viale del tramonto, nuovi equilibri geopolitici non più eurocentrici ma che si avviavano ad essere mondiali, una società percorsa da forti contraddizioni e da spinte al cambiamento, contraddistinsero i primi anni del ‘900. Neppure i legami economici che legavano molti Paesi furono in grado di scongiurare i conflitti. Oggi torna con prepotenza la tematica toccata dalla MacMillan, perché ci sono ancora una volta personalità (Thomas Friedman del NYT) che vedono il fenomeno delle multinazionali come un baluardo anti-conflitto. In realtà, come sostiene la storica, proprio questi profondi cambiamenti socio-economici in atto a livello mondiale possono provocare delle reazioni nazionaliste, movimenti reazionari, di chiusura e di strenue difesa del proprio “bene locale”. Non è difficile scorgerne i segnali.
Vi segnalo un articolo che parla del saggio della MacMillan.
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