Incredibile, a Natale si riapre il dibattito sui giocattoli, sul gioco dei bambini e via discorrendo.
Oggi ho letto ben due articoli sull’argomento gioco.
Il primo, uscito sull’Huffington Post, verte sui giocattoli sessisti: qui. Sinceramente la trovo una polemica sterile e pretestuosa. Porto il mio caso personale ad esempio. Da piccola, ricordo che all’asilo, veniva applicata ancora una rigida divisione di genere per i giocattoli. In pratica, era sconsigliato il gioco con le macchinine, i pupazzetti degli indiani o giocattoli di uso prevalentemente maschile. Questo per me era un supplizio, anche perché ero costretta a trascorrere gran parte del tempo a disegnare e a colorare (cosa in cui ero e sono rimasta negata, nonostante mi applicassi e mi sforzassi di migliorare). Il mio rammarico era questa linea di confine, che le mie maestre avevano segnato. Sarebbe stato meglio lasciarmi la possibilità di scegliere. Ma non per questo disdegnavo i giochi da bambina, infatti, adoravo le bambole, stirare, cucinare. Insomma, il mio gioco è stato un modo per prepararmi alla vita adulta, ad imitare i grandi, ad essere autonoma e autosufficiente da adulta. Tutto questo gioco di simulazione, mi ha consentito poi, quando sono diventata puù grandicella, di passare dal gioco al vero e proprio “fare”. Quando sono andata via di casa a 23 anni, per lavorare a Milano, a 1000 km da casa, non ho subito nessun trauma, perché ero in grado di cavarmela da sola. Il gioco è stata una componente essenziale della mia crescita e non mi sono mai sentita discriminata se ricevevo in regalo un gioco da bambina. I bambini devono essere lasciati liberi di scegliere come giocare, devono poter sperimentare autonomamente. Questo non significa lasciarli giocare da soli sempre, ma accompagnarli nelle scoperte e guidarli in modo soft, perché non è il giocattolo, l’oggetto in sè, che fa crescere: l’interazione e il confronto con gli altri, che siano coetanei o adulti, sono i combustibili indispensabili affinché scatti la scintilla che porta ad apprendere qualcosa. Con mia figlia lascio che lei si accosti ai giochi in modo spontaneo, glieli propongo, le faccio capire grosso modo il senso e poi la lascio andare in avanscoperta da sola. Devo dire che le piacciono i Lego, come le pentoline o le macchinine. Lei adora imitarmi e fa tutto con una naturalezza incredibile. La vedi pulire e cucinare come una piccola donna di 80 cm. Nessuno le ha mai “suggerito” nulla, ha fatto tutto naturalmente, istintivamente. Non posso mica impedirle di giocare a cucinare perché poi potrebbe crescere con il tarlo della casalinga! Ho scoperto che ci sono dei comportamenti spontanei, che non possono cadere sotto la scure di educatori che hanno paura che vengano inculcati valori sessisti. Quindi bando ai bacchettoni e lasciamo che i nostri bimbi sperimentino tutto, in totale libertà e scevri da ogni pregiudizio di sorta. Lasciamo spazio alla loro immaginazione!
Il secondo di Peter Gray, uscito sul magazine Aeon, è illuminante, perché finalmente qualcuno si pone il problema di come la nostra società ha “ingabbiato” i nostri figli in una serie di attività, che li allontanano sempre più dal gioco, che invece è molto molto importante.
Buona lettura!
[…] aspirapolvere e ferri da stiro. Non li guardo come se fossero una minaccia. Ne avevo già parlato qui. I simboli sono importanti e non vanno sottovalutati, ma non dobbiamo nemmeno permettere di farci […]
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[…] in mente alcune riflessioni in merito. Sia perché sull’argomento mi ero già espressa (qui, qui e qui), sia perché da bambina io non distinguevo il genere dei giocattoli, questo gli adulti […]
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