Dopo una prima fase di disorientamento, credo di essere giunta al principio di un lento e lungo periodo che dovrò dedicare a metabolizzare il cambiamento di status sociale: da mamma in carriera (o meglio superlavoratrice mamma) a casalinga. In questi ultimi tempi mi sono arrivati degli epiteti non proprio incoraggianti: pensionata, fallita, debole e c’è chi mi ha detto anche che non ho mai combinato niente di buono nella mia vita e che l’unica eccezione è mia figlia (per ora, se non rovinerò anche lei). Non male vero? A questo punto sembrerebbe che la mia scelta difficile, presa dopo un anno terribile, in cui ho passato dei periodi infernali, cercando di mettere insieme una bimba di un anno e i miei orari di lavoro infernali, sia stata l’ennesima riprova della mia inefficienza e della mia profonda incapacità a tutto tondo. Sono uscita dal tessuto produttivo e per questo mi merito l’ostracismo, la denigrazione e la lapidazione verbale ed emotiva. A volte, quando dico che ho lasciato il mio lavoro a tempo indeterminato per dedicarmi a mia figlia e alla mia famiglia, le persone sbarrano gli occhi e mi prendono per matta. Forse un po’ lo sono, ma giuro che è tutto molto sensato. Coloro che mi hanno detto che sono una che non combina niente di buono, sono anche coloro che non hanno mai digerito e accettato il fatto che dopo la laurea mi sia cercata da sola un lavoro, sia andata a vivere a Milano e che ora abbia formato una famiglia a 1000 km da dove sono nata. Questo atteggiamento è molto diffuso e alcuni genitori preferirebbero tenersi i figli disoccupati e in casa fino a 40 anni.
Oggi, posso dire, che non rimpiango granché della mia vita precedente, in cui passavo le giornate a barcamenarmi per rendere possibile l’impossibile. Oggi mi è capitato di leggere questo pezzo e mi sono accorta che non sono poi tanto strana e che forse dovremmo essere più libere di scegliere il modello di vita che più ci aggrada, senza strane etichette o pregiudizi che ci rendono schiave passive di un sistema che aspira all’entropia e non alla felicità.
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