Alla fine della lettura di questo post Le prefiche di Silvio. (di Alessandra Moretti) sono rimasta un po’ perplessa.
Perplessità che in parte si estende anche all’autrice, perché il suo discorso apparirebbe più sincero e sentito se a farlo fosse un’altra donna. Io non penso che Berlusconi ci abbia trainato sin qui senza una nostra connivenza. Si tratta, a mio parere, di una lenta ma inequivocabile dispersione dei nostri valori, dei nostri punti di riferimento e di una sana capacità di crescere con la nostra testa e le nostre forze. Il Paese si è del tutto abbandonato tra le braccia di un sistema di classe dirigente che prometteva faville e felicità a vagonate. A molti ha fatto comodo così. Questa delega in bianco e questo disinteresse si sono poi trasferite nell’ambito privato, relazionale e personale. Insomma, Berlusconi (e non solo) ha trovato terreno fertile. Ci siamo comportati come ad una eterna festa, senza preoccuparci di cosa fosse la realtà. La realtà è ben più complessa e difficile di come ci hanno fatto credere. Se invece di propagandare l’annientamento dell’altro per poter avere successo nella vita, si sottolineasse l’importanza di concetti come la solidarietà sociale e il benessere collettivo forse non saremmo conciati così male. La cultura dovrebbe essere tra i primi pensieri, anziché venir relegata in cantina. Il bel visino e orpelli simili sono cose vecchie come il mondo, armi spuntate di chi non ha nient’altro su cui contare. Infine, non dimentichiamoci che spesso noi donne siamo vittime di noi stesse, se continuiamo a scegliere le scorciatoie e ci facciamo la guerra fra di noi. Un po’ di sana autocritica non ci farebbe male e ci permetterebbe di ricostruire su basi più solide.
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