Il prossimo 25 novembre sarà la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Nel 2013 siamo al punto di partenza. Perciò, credo che sia il caso di porci delle domande. Dopo decenni di battaglie e di rivendicazioni, spesso arroccate su posizioni solitarie, spocchiose e autoreferenziali dovremmo ammettere che ci sono stati degli errori di base e non solo dal punto di vista maschile. Porci sempre in contrapposizione e parlando solo tra di noi, come se l’universo maschile fosse un qualcosa di estraneo, irrilevante, che non ci riguardasse interagire con gli uomini, ponendo le basi per un dibattito serio sulle problematiche femminili. Al massimo siamo giunte a scaricare la patata bollente agli uomini, sostenendo che è diventato un loro problema (il che è vero solo a metà). Siamo andate avanti come un treno, sulla nostra strada, spesso lamentandoci, salvo poi non praticare mai, all’occorrenza, un briciolo di solidarietà femminile. In pratica, a parole siamo “amiche solidali”, poi nella realtà quotidiana, ci sbraniamo, ci voltiamo le spalle e facciamo delle stupide battaglie per “dimostrare” che no, non siamo tutte uguali, ma che ci sono donne più “degne ed elevate” di altre. Siamo talmente abituate a parlarci addosso, che abbiamo perso l’attitudine a riflettere e ad ascoltare non solo le donne come noi, ma anche gli uomini. La spocchia e la supponenza è una sorta di peccato originale di qualsiasi tentativo di essere credibili. Siamo unite solo teoricamente, mentre siamo in perenne lotta per affermare le nostre “singolarità”, non importa se pestandoci i piedi a vicenda. Il tutto sempre tra donne. Se a ciò aggiungiamo che gli uomini sono figli di donne, dovremmo prenderci una manciata di corresponsabilità, se siamo così indietro. Siamo ferme perché per noi non ci siamo mai messe veramente a disposizione. Siamo ferme se non riusciamo ad essere consce dei nostri limiti e non combattiamo per una “uguaglianza” che non può essere realizzabile, pena la perdita delle nostre peculiarità. Se Dio ha creato uomo e donna ha voluto dare vita a due tipi differenti, ognuno diverso e complementare all’altro. Siamo ferme quando decidiamo di tenere i generi separati. Il problema è bipolare. Occorre avere la vista di un’aquila bicipite.