Nel programma del PD ho trovato un accenno all’occupazione femminile. Si propone di “alleggerire la distribuzione del carico di lavoro e di cura nella famiglia, sostenendo una riforma del welfare, politiche di conciliazione e condivisione e varando un programma straordinario per la diffusione degli asili nido”. In teoria potrebbe essere un buon passo (non capisco in pratica cosa si intende per conciliazione e condivisione), ma chiunque abbia avuto un bambino, sa benissimo che il nido non basta a risolvere gli innumerevoli problemi. Nemmeno le 2 ore giornaliere di allattamento (nel primo anno) sono sufficienti per poter seguire un figlio. Soprattutto se la mamma ha un orario full-time e si deve barcamenare tra lavoro, casa e figli. La questione è che un bambino, specialmente al di sotto dei 3 anni, ha senza dubbio bisogno di particolari cure e della vicinanza della mamma (pur apprezzando gli sforzi del legislatore per permettere ai papà di avere dei permessi per i figli). Il nido è solo una parziale soluzione, considerando quante volte si può ammalare un bimbo e della necessità di salvaguardare il rapporto speciale che un figlio ha con la madre. Vorrei sapere se è umanamente concepibile che una madre esca di casa alle 7 e torni alle 20 o più, e riesca a stare con suo figlio solo il sabato e la domenica? Certamente c’è chi lo accetta e si tappa naso e orecchie. Invece, occorre, a mio avviso, incoraggiare forme contrattuali con orari flessibili che permettano alla donna di poter esserci nel quotidiano. Perché essere madri e mogli non sia ancora oggi incompatibile con il lavoro.
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